giovedì 15 gennaio 2015

The imitation game: la recensione



The imitation game, film drammatico diretto dal regista norvegese Morten Tyldum, racconta la storia di un uomo fragile ma assolutamente geniale, manipolato dai poteri forti a fini bellici. La vicenda si apre a Manchester, nell’Inghilterra puritana dei primi anni Cinquanta, quando un perspicace agente di polizia intuisce che dietro all’espressione apparentemente smarrita del brillante matematico e crittoanalista Alan Turing, magistralmente interpretato dall’attore britannico Benedict Cumberbatch, si cela un segreto di Stato.

Alan Turing, personaggio storico pressoché sconosciuto fino a poco tempo fa, è il matematico che durante la Seconda guerra mondiale mise le proprie capacità intuitive al servizio dell’Inghilterra, dedicandosi giorno e notte ad un progetto top secret per decriptare il codice Enigma, utilizzato dalle potenze dell’Asse come mezzo di comunicazione segretissimo.

Il matematico di Manchester, uomo asociale ai limiti dell'autismo, assieme ad uno sparuto gruppo di cervelloni polacchi fuoriusciti dal loro Paese dopo l’invasione nazista, ad un campione di scacchi e ad un’esperta di enigmistica, riuscì ad ideare un complicato congegno, a cui conferì il nome Christopher  (colui che porta Cristo)  che consentì, decifrando il codice Enigma durante la guerra, di conoscere in dettaglio tutti i movimenti del nemico e di vincere con almeno due anni di anticipo un sanguinoso conflitto che altrimenti avrebbe privato della vita altri milioni di persone.

Alan Turing in The imitation game appare assai abile nel sottile gioco di sotterfugi e contraffazioni  di cui si servono i Servizi segreti, poiché abituato fin da bambino a fingere per la paura di mostrare il suo Io più profondo a chi non potrebbe capirlo. Soggiogato dallo smodato desiderio di affrontare problemi apparentemente irrisolvibili, questo genio della matematica offre all’Inghilterra tutto il suo talento, per poi, una volta assolto il proprio compito, venire perseguitato per la sua omosessualità, a quei tempi illegale. Condannato alla castrazione chimica, ovvero obbligato ad assumere farmaci a base di ormoni che agiscono sul cervello inibendo la libido, Alan Turing  nel 1954 pone fine alla sua vita con un suicidio per avvelenamento, a  soli 41 anni.

The imitation game, pur utilizzando in maniera eccessiva il ricorso al flashback, ha il pregio non indifferente di restituire a questo fragile padre dell’informatica teorica, senza il quale forse oggi non esisterebbe nemmeno il computer, i  dovuti onori che il segreto di Stato gli ha voluto negare fino a pochi anni fa.