sabato 21 dicembre 2013

È stato pubblicato il romanzo “L’esistenza di Elsa” di Francesca Paolillo



L’esistenza di Elsa è il terzo romanzo di Francesca Paolillo, giunto finalista al premio letterario Nemo nel 2013. Elsa nasce nel 1920 e narra in prima persona la propria vita passando attraverso avvenimenti fondamentali per la storia dell’Italia, quali il Fascismo, la Seconda guerra mondiale e l’avvento della Repubblica. La protagonista del romanzo sperimenta nel corso della sua esistenza l’amore del tipo più travolgente e passionale nella romantica Venezia e quello più tenero e dolce nella superba Genova, generando due figli, ma è destinata a concludere la propria esistenza in completa solitudine.

Elsa non avendo conosciuto quel calore che sa di grembo materno è una donna insicura e fragile, con evidenti difficoltà a rapportarsi con gli altri. Incapace di sottrarsi al proprio destino, fa ruotare la sua vita attorno ad un segreto che tiene celato persino a se stessa e che quando verrà svelato apporterà molto dolore a lei e alle persone che ama.


Per acquistare il libro in formato e-book o cartaceo: http://www.amazon.it/Lesistenza-Elsa-Francesca-Paolillo/dp/1494349760/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1387613809&sr=8-1&keywords=francesca+paolillo

mercoledì 18 dicembre 2013

Recensione del film “Blue Jasmine” sceneggiato e diretto da Woody Allen




La protagonista del film Blue Jasmine, magistralmente interpretata dall’attrice australiana 44enne Cate Blanchett, è una donna fragile di nome Jeannette con un doloroso passato da bambina adottata che pensa di riscattarsi sposando l’agiatissimo uomo d’affari newyorkese avvezzo alle truffe Hal (interpretato da Alec Baldwin). Jeannette si cala perfettamente nella parte della americana ricca e superficiale, mentendo pure sul proprio nome di battesimo che decide di trasformare nel più esotico Jasmine.

La protagonista della storia, mentre vive un’esistenza ovattata da antipatica signora dell’alta società  per la quale conta solo l’apparenza e trascorre le giornate tra feste mondane e sedute di pilates, scopre che il marito Hal la tradisce in continuazione, ma pensa che tutto sommato valga la pena di tenerselo ugualmente, senonché lui messo con le spalle al muro decide di lasciarla. Per vendicarsi , Jasmine lo denuncia per le truffe finanziarie che fino a quel momento fingeva di ignorare, provocandone l’incarcerazione e poi il suicidio. La comunione dei beni che l’aveva resa immensamente ricca trascina anche lei nella  bancarotta facendola cadere in un grave esaurimento nervoso.

Dopo un periodo di pesanti cure psichiatriche, Jasmine si ritrova sola, impossibilitata senza mezzi economici a continuare a frequentare il jet set nel quale si trovava a suo agio e decide così di ricontattare la sorellastra Ginger (interpretata dalla brava Sally Hawkins), anch’ella adottata, che fino ad allora aveva allontanato dalla sua vita perché ritenuta troppo rozza  e provinciale.  Jasmine sbarca a San Francisco ben accolta da Ginger e per un certo periodo si rassegna ad una normale esistenza da ceto medio-basso, lavorando come receptionist in uno studio dentistico.

Il film procede per flashback facendo emergere la fragilità di Jasmine che per riempire il suo vuoto interiore eccede in pillole ansiolitiche e bicchieri di vodka, e inoltre parla spesso da sola perché non trova interlocutori. Contemporaneamente alla sua vulnerabilità emerge anche una forza che cova sotto la cenere e traspare dal suo sguardo, capace di inchiodare lo spettatore, e di generare forse un nuovo riscatto non solo per lei ma anche per la sorella.

Jasmine una volta acclimatata a San Francisco viene nuovamente attratta dall’alta società e cerca di rinfilarvisi fidanzandosi con l’avvenente diplomatico Dwight Westcake (interpretato da Peter Sarsgaard). Ormai calata nella nuova parte, gli racconta un bel po’ di frottole, a cui lui crede volentieri perché ha bisogno di una donna bella e di classe che lo accompagni ai ricevimenti, ma purtroppo lo scontro inevitabile con la realtà è dietro l’angolo,  pronto a distruggere  i sogni di tutti i personaggi della storia.

Blue Jasmine  è sicuramente un film tragico, ma a tratti vi affiora anche il Woody Allen umorista che pur nei suoi tipici toni cupi dirige magistralmente una Cate Blanchett capace di dialogare con la cinepresa e di illuminare la scena come poche altre.



  

martedì 3 dicembre 2013

Andiamo al cinema a vedere “Venere in pelliccia” di Roman Polański



Il film Venere in pelliccia  (titolo originale Venus in Fur) è un capolavoro di recitazione incentrato sul gioco sottile e ambiguo della seduzione. La trama si svolge tutta all’interno di un piccolo teatro parigino, con la presenza di due soli personaggi.

Thomas, regista teatrale interpretato da Mathieu Amalric , sta cercando un’attrice adatta per il ruolo di protagonista nel suo lavoro ispirato al romanzo erotico autobiografico Venere in pelliccia, scritto nel 1870 dall’austriaco Leopold von Sacher-Masoch, dal quale deriva il moderno termine “masochismo”.  Il romanzo originale è imperniato sul rapporto tra l’autore e una scrittrice incontrata per caso, del tipo dominazione-sottomissione, regolato da un contratto nel quale si stabilisce che lei renda schiavo lo scrittore, indossando sempre una pelliccia sul corpo nudo durante gli atti di maggiore crudeltà.

La trama del film inizia una sera quando le audizioni sono terminate e nel teatro è rimasto soltanto Thomas.  All’improvviso irrompe nella scena una donna piuttosto matura, sfrontata e volgare, di nome Wanda proprio come la protagonista dell’opera da rappresentare, che riesce a convincere il riluttante regista ad ascoltarla recitare. Fin dalle prime battute del copione che lei inaspettatamente conosce alla perfezione, Thomas rimane ammaliato dalle movenze, dalla voce e dalle capacità artistiche della donna che si sa trasformare proprio nella Wanda che lui aveva in mente.

La morbida carnalità della superba attrice quarantaseienne Emmanuelle Seigner, moglie del regista Roman Polański, prorompe nel piccolo teatro dove i due personaggi entrano ed escono dalle parti in continuazione, in un gioco di dominazione e sottomissione, tra le luci e le ombre del palcoscenico.
Thomas, che inizialmente  si presenta come un arrogante intellettuale,  lascia presto fuoriuscire le sue identità più profonde, mettendo a nudo la propria anima e lasciandosi sempre più dominare da Wanda che scena dopo scena, coinvolgendo lo spettatore con un tasso erotico sempre più elevato, da attricetta si trasforma in dea e poi in baccante. Ricordiamo che le baccanti erano donne invasate dal dio della forza vitale Dioniso, le quali vestite con pelli di animale celebravano i suoi riti danzando in stato di ebbrezza e quando arrivavano al culmine della frenesia estatica divoravano il cerbiatto sacrificale.

In questo gioco con castigo il vincitore è sicuramente la donna, che con indecente astuzia sa sedurre l’uomo rendendolo insicuro e smascherando le sue nascoste pulsioni per renderlo sempre più debole e sottomesso.  

martedì 26 novembre 2013

Incrementiamo l'energia pulita



L’utilizzo di energia pulita a discapito dei combustibili fossili e del nucleare sta pian piano prendendo  piede non solo perché ecosostenibile, ma anche perché sempre più economicamente competitiva.

FONTI ENERGETICHE DISPONIBILI

L’energia prodotta per l’approvvigionamento elettrico e meccanico ad uso industriale, domestico o urbano, si dice pulita se nel corso di tutto il ciclo di produzione e distribuzione evita l’immissione nell’ambiente di inquinanti che metterebbero in pericolo la salute dei cittadini e l’equilibrio del pianeta.

Si definisce energia alternativa quella prodotta senza l’utilizzo di combustibili fossili (gas naturale, petrolio e carbone), i quali nonostante siano altamente inquinanti costituiscono ancora l’84% delle fonti energetiche a livello mondiale. I combustibili fossili vengono utilizzati su larga scala a partire dal 1700 (Rivoluzione industriale) perché forniscono una grande quantità di energia per unità di volume, sono facilmente trasportabili e perché in origine il loro costo era basso. La combustione di queste materie prime provoca effetti devastanti quali piogge acide, effetto serra, inquinamento delle acque del mare e delle falde acquifere sotterranee e diffusione di polveri sottili responsabili di patologie respiratorie e carcinomi. Un altro svantaggio dei combustibili fossili è che sono destinati ad esaurirsi.

L’Italia utilizza per la produzione di energia elettrica principalmente il gas naturale. La conseguenza di ciò è che paghiamo il prezzo più alto in Europa per il chilowattora.
Un’energia alternativa ai combustibili fossili ma non rinnovabile, cioè non inesauribile, è quella nucleare che comporta indubbi rischi per la popolazione domiciliata nei pressi delle centrali, senza contare il problema dello smaltimento delle  scorie radioattive,  difficili da stoccare e pericolose durante il  trasporto. L’Italia ha avuto in funzione 4 centrali nucleari dal 1963 al 1990 che coprivano il 4% del fabbisogno energetico nazionale, abrogate con il noto referendum del 1987, ancora in fase di smantellamento.

FONTI DI ENERGIA PULITA

Le fonti di energia pulita sono contemporaneamente alternative e rinnovabili, cioè derivano da  risorse naturali che si rigenerano alla stessa velocità con cui vengono consumate, e stanno diventando sempre più competitive, oltre a consentirci di consegnare alle generazioni future un pianeta meno inquinato.

Una fonte di energia alternativa e rinnovabile che l’uomo sfrutta da millenni è quella idroelettrica che trasforma l’energia potenziale di una massa d’acqua in caduta da una certa altezza in energia cinetica, convertibile poi in energia elettrica grazie ad un alternatore combinato ad una turbina. Questa fonte di energia pulita che  copre il 16% del nostro fabbisogno comporta purtroppo un elevato impatto ambientale.
Un’altra fonte di energia pulita è quella maremotrice, anch’essa già sfruttata nell’antichità laddove il ritmico innalzamento e abbassamento del livello del mare indotto dall’attrazione  gravitazionale di Sole e  Luna provoca maree utilizzabili per produrre energia elettrica. Questa forma di energia prevede  costi di installazione elevati, erosione delle coste e disturbo dell’ecosistema da parte delle turbine semisommerse, però sono attualmente centinaia i progetti pensati per migliorarne l’utilizzo.

L’energia pulita fornita dal vento è a basso costo, ma per il momento copre soltanto l’1% del fabbisogno mondiale. Anche le turbine eoliche disturbano abbastanza il paesaggio.

L’energia solare, impiegabile anche in ambito industriale,  in aree climatiche favorevoli potrebbe coprire il  74% del fabbisogno. Inizialmente assai costosa, grazie ai miglioramenti continui dei progetti è in continua crescita.

L’energia geotermica sfrutta il vapore presente nel sottosuolo di aree vulcaniche, trasformabile in energia elettrica per mezzo di un alternatore. L’Italia è stata la prima nazione al mondo a sfruttare questa fonte con l’impianto installato a Larderello nel 1904. Attualmente la geotermia viene utilizzata soltanto  per l’1% della produzione mondiale di energia, ma potrebbe soddisfare pienamente i bisogni energetici di tutto il pianeta, in maniera assolutamente pulita e sicura.  Comporta però anche svantaggi: il costo di trivellazione è elevato e l’impatto sull’ambiente non è trascurabile.

Anche la biomassa, cioè la frazione biodegradabile dei residui di origine biologica provenienti dall’allevamento, dall’agricoltura e dai rifiuti domestici, urbani e industriali è una fonte di energia pulita e rilascia nell’ambiente quantità irrisorie di inquinanti. Questa fonte di energia a basso costo copre il 16% degli usi energetici del pianeta  e si sta diffondendo sempre più.

CONCLUSIONI

A causa dell’inquinamento da combustibili fossili, Il clima del pianeta sta rapidamente cambiando e le malattie mortali stanno aumentando in maniera esponenziale. È nostro dovere attuare uno sviluppo che sia sostenibile per il pianeta, cercando di sensibilizzare i governi affinché non fermino gli investimenti sulle energie pulite e rinnovabili. Lo dobbiamo soprattutto alle generazioni future.


mercoledì 16 ottobre 2013

“Storia della Navigazione a Vapore e dei Servizi Postali sul Mediterraneo - Volume I, 1818-1839” di Alessandro Arseni


Alessandro Arseni, direttore della casa editrice The Postal Gazette, nonché fervido appassionato di storia postale, nel 1990 è entrato in possesso di un vasto archivio costituito da circa 20.000 lettere, spedite ad un negoziante di Livorno negli anni dal 1820 al 1860 da ogni parte del mondo. Notando che sulle lettere che avevano viaggiato per via di mare spesso era stato vergato a mano il nome del piroscafo che le aveva trasportate, l’autore sentì scaturire dentro di sé il desiderio di conoscere più da vicino le vicende di questi bastimenti.  ‘Storia della navigazione a Vapore e dei servizi Postali sul Mediterraneo nasce, oltre che dall’esame di questo e di altri archivi, anche dal paziente studio di giornali e periodici dell’epoca che Alessandro Arseni ha effettuato viaggiando di biblioteca in biblioteca per più di vent’anni. Questo libro, che sarà seguito entro il 2015 da diversi volumi successivi,  con l’intento di raccontare il magico mondo dei battelli a vapore o piroscafi adibiti al trasporto della corrispondenza fino al termine dell’Ottocento, dimostra perfettamente ai lettori quanto il passaggio dalla propulsione a vela a quella a motore incise sui servizi postali del Mediterraneo.

L’Italia, paese prevalentemente montuoso, di per sé poco si presta alla comunicazione; per di più, all’inizio dell’Ottocento le reti stradali e ferroviarie non erano adeguate al fabbisogno e la frammentazione politica ed economica, le dogane, le diversità di pesi e misure lungo tutta la penisola ostacolavano non poco quello sviluppo che pian piano cercava di affiorare.

In questo periodo nacque la propulsione a vapore che crea energia meccanica utilizzando vapore d’acqua grazie all’impiego di combustibili naturali quali carbone e legna  e il sistema venne impiegato ben presto anche sui battelli, i quali per forma e dimensioni ben si prestavano ad accogliere caldaie, macchine motrici e combustibile. All’inizio il passaggio dalla vela al motore venne osteggiato dai più, finché apparve evidente quanto il nuovo sistema di propulsione fosse affidabile e sicuro, consentendo  trasporti regolari non più condizionati dal vento: il mare che tanto aveva diviso i popoli divenne così ben presto il principale mezzo di comunicazione.

I viaggiatori poterono grazie alla propulsione a vapore, esaltata a metà Ottocento anche da Victor Hugo nello struggente romanzo  ‘I lavoratori del mare’, navigare più velocemente,  a costi inferiori, con una buona puntualità e con minor rischio, anche se qualche incidente, naufragio e scoppio di caldaia sporadicamente poteva capitare. Le merci deperibili quali pesce e burro finalmente giungevano a destinazione più fresche, il bestiame soffriva di meno per le traversate e la corrispondenza poteva contare su tariffe e tempi di percorrenza certi che le impressero un notevole impulso.

Il primo battello a vapore che viaggiò in Europa venne varato nel 1812 e già nel 1818 l’allora prospero Regno delle Due Sicilie realizzò  il piroscafo veloce d’avanguardia a mezzo di trombe a fuoco  Ferdinando I, denominato serpentone per il lungo e sottile fumaiolo, con rotta da Napoli per Livorno e Genova. Si trattava di un battello in legno,  infatti fino al 1824 non venne ideata la protezione catodica che consentisse di preservare lo scafo in metallo dalla corrosione, dotato di due caldaie lunghe sei metri e di una macchina da 45 cavalli di potenza, collegata a due grandi ruote laterali a pale.  Mentre il Ferdinando I veniva messo presto in disarmo a causa del completo fallimento economico dell’impresa, ormai il progresso non poteva arrestarsi e già il battello a vapore Carolina I dell’Impero Austriaco varato a Trieste solcava il mare tra il porto Giuliano e Venezia, seguito dai piroscafi Tevere dello Stato Pontificio e Leopoldo II e Maria Antonietta  del Granducato di Toscana. Presto il Mar Mediterraneo si trovò ad essere solcato regolarmente da più di 70 battelli a vapore con potenza da 50 a 160 cavalli, battenti  anche le bandiere di Regno di Sardegna, Francia e Inghilterra, i quali trasportavano sempre maggiore mole di passeggeri, merci e posta. Verso la metà dell’Ottocento comparvero i primi scafi in ferro e la propulsione divenne ad elica.

Alessandro Arseni, dallo spoglio della stampa e della corrispondenza originale dell’epoca, ha desunto una ricca iconografia postale e marinara che ben testimonia lo storico passaggio dalla vela all’energia meccanica, corredando il libro di articoli di giornale, immagini di bastimenti, mappa delle rotte, indice delle navi, tabelle con date di partenza e arrivo di tutte le linee, distanza tra i porti, timbri postali e amministrativi, immagini di lettere, tariffe per la tassazione e francatura e molto altro, riuscendo a fornire al lettore un’opera di notevole interesse storico e collezionistico, che ben testimonia l’importante cambiamento di mentalità e costume nella società di inizio Ottocento.


venerdì 4 ottobre 2013

Recensione del romanzo “La risposta è nelle stelle” di Nicholas Sparks






Il romanzo La risposta è nelle stelle, scritto dallo statunitense Nicholas Sparks, si apre con un tragico  incidente d’auto  avvenuto lungo un dirupo innevato del North Carolina. L’anziano ebreo veterano di guerra Ira Levinson, incastrato tra le lamiere della sua Chrysler, ferito, semincosciente e infreddolito, durante l’interminabile e forse inutile attesa dei soccorsi imposta un dialogo immaginario con la sua amata moglie Ruth, deceduta nove anni prima, ripercorrendo con lei gli ultimi cinquant’anni della propria vita. La storia di Ira e Ruth è stata contraddistinta da vero amore reciproco e da una profonda passione per l’arte che li ha portati a collezionare nel tempo numerose opere di valore inestimabile, le quali in assenza di eredi vengono messe all’asta.
Parallelamente, pochi mesi prima nasce una storia d’amore appassionata e travagliata tra il cowboy Luke e la bella ventunenne studiosa di arte Sophia. Il destino farà incontrare i tre protagonisti della storia, il cui titolo originale è The longest ride o “la più lunga cavalcata”, nel paesaggio innevato di Black Mountain, cambiando per sempre il corso della vita dei due ragazzi.

L’autore, non nuovo a storie in cui predominano l’amore e il destino segnato nelle stelle, descrive con romantica poesia personaggi ben delineati che sono tutti combattenti e sanno raggiungere i propri obiettivi con il sudore della fronte. La prosa di questo romanzo è semplice, ma i suoi contenuti sono in grado di far riflettere il lettore, sottolineando fra tutti il valore dell’onestà  e il concetto che l’amore è il bene più prezioso che l’uomo possa conquistare. L’epilogo struggente chiude perfettamente questa bella storia che potremo vedere sugli schermi cinematografici nel 2015.

lunedì 23 settembre 2013

Come organizzare un viaggio indimenticabile in Islanda



Se volete visitare l’Islanda,  isola primordiale caratterizzata da vulcani, geyser, ghiacciai, profonde spaccature nel terreno, deserti freddi e molto altro, dovete prevedere almeno dieci giorni di soggiorno, preferibilmente nel mese di luglio quando le temperature massime oscillano tra i nove e i sedici gradi. Nel periodo estivo collegamenti aerei da Bologna, Milano e Orio al Serio (BG) hanno frequenza trisettimanale, con durata del volo di circa quattro ore. Per l’ingresso nel Paese è sufficiente la carta di identità valida per l’espatrio.
La valuta locale è la corona islandese, impossibile da reperire nelle banche italiane. Consiglio comunque di non cambiare molti soldi al momento dell’arrivo in Islanda, perché laggiù si può pagare qualsiasi merce utilizzando la carta di credito senza aggiunta di commissioni, anche una sola bibita.
La strada principale che percorre la terra dei vulcani è la Statale N. 1 Hringvegurinn, definita anche Ring road, in quanto si snoda lungo tutta la circonferenza dell’isola. Poiché per la maggior parte le strade non sono asfaltate, conviene affittare un fuoristrada prenotandolo dall’Italia, ma evitando le maggiori compagnie europee che richiedono tariffe molto alte: optando per una locale si risparmia più del 50%. Tutte le auto a noleggio sono provviste di navigatore satellitare, ma prima di partire è meglio procurarsi una carta stradale e una guida aggiornata che comprenda anche preziosi consigli su vitto e alloggio, come ad esempio quella del Touring Club.
Gli unici alberghi di un certo livello sono quelli che con il marchio della linea aerea Icelandair; nelle città in cui non sono presenti  è meglio affidarsi a guest house e bed&breakfast, nei quali l’ospitalità è molto apprezzabile, prevedendo però di doversi adattare al bagno in comune con altri ospiti.
In nostro viaggio in Islanda può cominciare con l’atterraggio nell’aeroporto di Keflavik, a 40 chilometri da Reykjavík. La capitale islandese è una città moderna e vivace che si può visitare in un paio d’ore. Piacevole è la passeggiata nella piazza Austurvöllur al centro della quale spicca la statua di Jón Sigurdhsson, padre dell’indipendenza nazionale. Notevoli, nell’istituto universitario Árnadaghur i preziosissimi manoscritti medioevali tra cui le pagine del Konungsbók eddukvaeda (o Codex regius dell’antica Edda,) del XIII secolo, la più completa fonte di informazioni sugli dei pagani e sugli eroi del mondo germanico.
Iniziando il giro dell’isola in senso antiorario, la prima deviazione dalla Ring road porta a Geysir, zona collinare dove si possono ammirare geyser di tutte le dimensioni che scaturiscono dal terreno giallognolo ad intervalli costanti con grande forza emettendo sordi rumori e gorgoglii, oltre a piccoli getti di vapore e vasche di acqua bollente odorosa di zolfo. Proseguendo per la stessa strada, dopo dieci chilometri si può contemplare percorrendo soltanto dieci minuti a piedi la splendida cascata di Gulfoss, con un  salto di 50 metri.
Dopo essere ritornati sulla Ring road si devia sulla pista accessibile soltanto ai fuoristrada, attraversata da numerosi torrenti da guadare, che si inoltra per 24 chilometri nella valle di Thórsmörk, la quale offre splendidi panorami rallegrati da cascate sovrastate da enormi masse glaciali.
Si prosegue attraversando la scura area desertica del Mӯrdalssandur originata dai detriti vulcanici e glaciali del vulvano Katla, quindi ci si inoltra nella pista che conduce alle sorgenti calde di origine geotermica Landmannalaugar, nelle quali si può anche fare il bagno. Chi è attrezzato con scarponi da montagna e tende può inoltrarsi tra le prospicienti montagne multicolori di riolite per un’esperienza indimenticabile a contatto con la natura.
Successivamente, di bell’impatto è la traversata in fuoristrada del deserto di Skeidharársandur, distesa sabbiosa lunga 34 chilometri dove nidificano gli uccelli stercorari dai quali occorre guardarsi perché sono molto aggressivi. Successivamente si incontra il piccolo lago Fjallsárlón, al piede di un ghiacciaio da cui si staccano piccoli iceberg screziati di azzurro.
Entrando dal parco nazionale di Skaftafell  chi è attrezzato con scarponi da montagna può effettuare l’escursione di tre ore a piedi verso il ghiacciaio Kviárjökull  e quindi provare il divertente giro su slitta trainata da cani groenlandesi.
Proseguendo lungo la Ring road, si incontra  lo spettacolare lago Jökulsárlón, popolato da iceberg multicolori galleggianti, navigabile. Bella anche la spiaggia vicina su cui si trovano adagiati numerosi iceberg staccatisi dai ghiacciai circostanti.
Il successivo tratto costiero, lungo 300 chilometri, offre meravigliosi panorami sui massicci montuosi con ghiaioni scuri, rossi e ocra, lagune costiere, fiordi, pascoli verdissimi, piccoli porti incantevoli e fitti boschi.
Giunti oltre la metà del nostro percorso, attraversiamo il deserto Geitasandur di cenere e pomice scintillante. In questa zona percorrendo brevi tratti a piedi si possono incontrare imponenti renne.
Se ve la sentite di viaggiare lungo una pista sterrata piuttosto impegnativa lunga 100 chilometri potete arrampicarvi sul vulcano Askja, altrimenti proseguite verso l’impressionante cascata Dettifoss che supera in un unico salto un dislivello di 40 metri.
Si prosegue quindi verso la riserva naturale del lago Mӯvatn popolata da numerosi uccelli e pesci, dal paesaggio ancestrale con profonde spaccature nella roccia nelle quali si può anche fare il bagno. Nella zona sono presenti  numerosi fenomeni geotermici con solfatare e fumarole.
Molto pittoresca e interessante per lo shopping è la cittadina di Húsavík da cui partono i velieri per  l’emozionante avvistamento di balene ed altri cetacei.
Successivamente si incontra la cascata Godhafoss, caratterizzata da un notevole volume d’acqua. Da qui ci si può inoltrare nella pista lunga 80 chilometri che porta alla solfatara Hveravellir con potenti getti di vapore e vasche d’acqua solfurea in una delle quali è possibile fare il bagno.
A Hvammstangi se siete muniti di binocolo potete ammirare numerose foche che si riposano sugli scogli vicino alla riva.
La successiva  deviazione  porta al campo di lava Hallmundarhraun, quindi si prosegue per Thingvellir, il più antico dei parchi islandesi nonché patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Resterete a bocca aperta ammirando il colossale sistema di fratture lungo oltre 7 chilometri causato da violenti terremoti, percorribile a piedi. Questo sito riveste enorme importanza naturalistica, geologica e storica.
Prima di riprendere l’aereo per tornare in Italia fermatevi a Grindavík e fate il bagno nella Laguna blu o Blá Lókonidh, stabilimento termale all’aperto dalle acque intensamente azzurre, nel quale potrete rilassarvi assai piacevolmente.



Francesca Paolillo

martedì 17 settembre 2013

Andiamo al cinema a vedere “Il mondo di Arthur Newman” interpretato da Colin Firth



Capita a molti di noi, una volta giunti alla mezza età, di provare la netta sensazione, voltandosi indietro, di non avere realizzato nella propria vita nulla che possa lasciare il segno e di non essere riusciti a far affiorare appieno la propria personalità, collezionando un fallimento dietro l’altro sia sul lavoro sia nella vita affettiva.

Il bravo e prolifico attore inglese Colin Firth nel film "Il mondo di Arthur Newman" interpreta Wallace Avery, timido e insignificante impiegato della FedEx che ha alle spalle un sofferto divorzio e un figlio adolescente con il quale non riesce a comunicare. Quando l’avvilimento dovuto a quella esistenza mediocre sta per giungere al culmine, il protagonista della storia un giorno decide che è giunto il momento di reagire e di lasciare che finalmente la sua vera natura venga a galla, rendendosi conto che l’unico modo per liberarsi con un colpo di spugna di tutti i suoi insuccessi sia di inscenare la propria morte.

Il trucco gli riesce e  grazie alla possibilità di procurarsi un passaporto falso intestato ad Arthur Newman comincia una nuova vita trasformandosi nel campione di golf che aveva sempre desiderato di essere. Durante il viaggio in decappottabile verso Terre Haute in Indiana, Arthur Newman si imbatte in una donna un po' sbandata molto più giovane di lui (Michaela Fitzgerald, interpretata dall’attrice inglese Emily Blunt),  triste e tormentata dark lady.

Il film prende la piega di un road movie senza meta,  lungo strade semideserte inframmezzate da squallidi motel. I protagonisti scoprono quasi subito di avere ambedue un passato da eliminare e molte bugie di cui rendere conto; alla ricerca delle proprie identità, per reinventarsi  seguono coppie innamorate incontrate per caso lungo la strada e quando non sono visti invadono le loro abitazioni, vestendone gli abiti e facendo l’amore nei loro letti.

Il regista pubblicitario newyorkese Dante Ariola, alle prese per la prima volta con un lungometraggio, riesce a produrre una pellicola raffinata, optando però per un finale forse un po’ troppo prevedibile.




Francesca Paolillo
 


domenica 21 luglio 2013

Un romanzo che non deve mancare nella nostra libreria: "Il grande Gatsby"




Il grande Gatsby  non ebbe grande successo allorché venne pubblicato a New York nel 1925, ma è stato poi rivalutato alla morte dell’autore avvenuta nel 1940 e vanta ben quattro trasposizioni cinematografiche nel 1929, 1949, 1974 e 2013. Come spesso accade, la recente uscita del film interpretato dal famoso Leonardo di Caprio sta suscitando in molti il desiderio di leggere l’omonimo romanzo che da qualche tempo era stato dimenticato, facendone impennare le vendite. Il grande Gatsby è sicuramente ben scritto, tanto da essere oggi ritenuto uno dei più grandi romanzi americani del secolo.

Francis Scott Key Fitzgerald, statunitense, è stato attivo protagonista di quella che viene chiamata Età del jazz, infatti ha trascorso la sua giovinezza durante gli anni Venti  dedicandosi ad eccessi quali alcolismo e vita da playboy, tra feste eleganti a New York e nelle ville della Costa Azzurra e corse su auto fuoriserie, atti che servivano  a mascherare un vero disagio generazionale.

Il grande Gatsby, dei cinque romanzi di Fitzgerald, di cui uno rimasto incompiuto a causa della sua morte prematura per infarto, è il migliore. Il protagonista della storia è James Gatz, figlio di poveri contadini del nord Dakota, che fugge appena diciassettenne da quell’ambiente di cui non si sente parte  per costruirsi una nuova identità prendendo lo pseudonimo di  Jay Gatsby.

Jay Gatsby vuole vivere un’esistenza avventurosa e per prima cosa decide di arruolarsi. Durante un soggiorno a Louisville si innamora dell’ereditiera  diciottenne Daisy Fay, ma la Prima guerra mondiale presto lo separa dalla sua amata. Lei lo aspetta per un po’ ma poi non ricevendo sue notizie, pensando di non rivederlo mai più, si rassegna e sposa il giocatore di polo di Chicago Tom Buchanan.

Nel frattempo  Gatsby, una volta terminata la guerra, frequenta Oxford dove prosegue la sua trasformazione in rampollo elegante, quindi torna negli Stati Uniti d’America e per arricchirsi in fretta si dedica al contrabbando e ad altre attività illecite. Il suo chiodo fisso però è sempre Daisy Fay:  avendo saputo che si è sposata e che trascorre le vacanze estive a West Egg, promontorio della baia di Long Island, il protagonista della storia compra una villa proprio di fronte alla casa che lei condivide con il marito.

Quasi tutta la trama del romanzo si svolge nell’estate del 1922 tra New York e Long Island, narrata dal giovane vicino di casa Nick Carraway, cugino di Daisy. Gatsby per attirare l’attenzione di Daisy organizza affollate feste quotidiane nella sua villa, aperte praticamente a chiunque, e quando finalmente la incontra risboccia tra loro l’inevitabile scintilla d’amore. Anche il marito di Daisy ha un’amante, che  muore una sera investita da un’auto. Geloso di Gatsby, Tom Buchanan per liberarsene fa credere al marito della donna che sia lui il responsabile della sua morte, provocando il tragico epilogo della storia.

Il grande Gatsby si snoda in una prosa scorrevole caratterizzata dal sapiente intreccio di avvenimenti presenti con quelli passati, affrontando  temi  quali la sconfitta dei miti del sogno americano, la solitudine, l’indifferenza, la mancanza di affetti autentici, il peccato e il castigo. Il protagonista è il classico eroe romantico, che vive soltanto per inseguire un sogno ed è disposto persino a morire per esso.

 

giovedì 18 luglio 2013

"E l'eco rispose", il terzo attesissimo romanzo di Khaled Hosseini



Come può un padre spiegare ai propri figli di essere costretto a venderne uno per salvare gli altri? Nel commovente romanzo "E l’eco rispose" di Khaled Hosseini  il manovale afghano Sabur riesce a spiegarlo raccontando la favola di un padre che, dopo avere tirato a sorte, consegna a un orco il suo figlio prediletto per poter salvaguardare gli altri. Suo figlio Abdullah, dodicenne, capisce che ciò sta per accadere anche nella realtà quando  Sabur decide di portare la piccola sorellina Pari a Kabul a piedi, trainandola su di un carretto rosso. Il ragazzino cerca di opporsi alla dolorosa separazione con tutte le proprie forze, ma il destino di questa famiglia e di tutti i loro discendenti è ormai segnato.

La storia di E l’eco rispose, uscito in contemporanea mondiale il 21 giugno 2013, si snoda dagli anni Quaranta fino al 2011, con la guerra in un Afghanistan  trafitto da conflitti interni ed interessi internazionali che fa da sfondo. L’autore Khaled Hosseini è nato a Kabul e come molti suoi connazionali si è rifugiato negli Stati Uniti con la propria famiglia nel 1980, nel periodo in cui l’Unione Sovietica aveva invaso il suo Paese per appoggiare la Repubblica Democratica dell’Afghanistan contro i mujaheddin  sostenuti da altre nazioni tra cui gli Stati Uniti d’America. La successiva guerra civile tra il ’92 e il ’96 è stata combattuta tra  le truppe governative e i mujaheddin, mentre la guerra iniziata nel 2001 contro i talebani e al-Qaida è tuttora in corso.

I protagonisti di questo romanzo sono più di uno, o forse sarebbe meglio dire che la vera protagonista è la famiglia, il nido dal quale quando si diventa adulti si deve prendere il volo; purtroppo se lo si lascia troppo presto il distacco è lacerante, lasciando la sensazione che per tutta la vita non si potrà mai essere felici, perché qualcosa di fondamentale è venuto a mancare. In questa storia c’è anche chi invece il nido non lo vuole lasciare per paura della vita al di fuori, adducendo la scusa di doversi prendere cura dei parenti invalidi.

Khaled Hosseini è capace di narrare con delicatezza e ad emozionare il lettore aiutandolo a comprendere quanto conti il luogo nel quale per destino si è nati, quanto le nostre scelte vadano a risuonare attraverso le generazioni future e quanto oggi grazie alla Rete sia possibile recuperare relazioni spezzate come un tempo sarebbe stato praticamente impossibile. 

Sono emozionato alla prospettiva di condividere questo nuovo libro con tutti i miei lettori”, ha affermato recentemente  l’autore, che con il suo modo di narrare ci fa percepire perfettamente di voler comunicare un importante messaggio. Khaled Hosseini è un grande uomo, medico e membro dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati; quando può torna in Afghanistan per aiutare tutti i connazionali meno fortunati di lui.
 
                                                                                         Francesca Paolillo

 

mercoledì 12 giugno 2013

A Bologna custodiamo da secoli la Bibbia più antica del mondo




La Biblioteca Universitaria di Bologna da tempo immemorabile custodisce il manoscritto del Pentateuco ebraico (o Torah) più antico del mondo. Si tratta di un rotolo di morbida pelle ovina lungo 36 metri e alto 64 centimetri con testo completo in ebraico vergato in grafia dallo stile babilonese che comprende i primi cinque libri della Bibbia, cioè Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Due prove di datazione al carbonio 14 collocano il manoscritto senza ombra di dubbio negli anni tra il 1155 e il 1225.

Il rotolo, in ottimo stato di conservazione, si trovava nell’archivio della prestigiosa biblioteca catalogato come modesto manoscritto appartenente al XVII secolo. A Bologna, soprannominata “La Dotta” in quanto sede della prima università del mondo occidentale che fu fondata nel 1088, nel 1482 venne anche prodotta la prima edizione del Pentateuco ebraico su stampa. Il Pentateuco ebraico è molto simile a quello cristiano.

La Torah viene letta dagli ebrei durante le funzioni in Sinagoga, ma i rotoli utilizzati durante i riti sacri devono trovarsi in buono stato perché se rovinati perdono la santità e devono essere seppelliti.

Il rotolo ritrovato verrà fotografato sezione per sezione e presto sarà reso disponibile al pubblico in forma digitale.

 

 

                                                                                                                                    Francesca Paolillo

sabato 11 maggio 2013

“Zero Zero Zero”: l’ultima fatica di Roberto Saviano


La sigla Zero Zero Zero  indica la farina bianca di qualità raffinata destinata all’alta pasticceria, ma in questo caso si riferisce alla cocaina in polvere, del tipo più puro. La vita dell’autore Roberto Saviano, dopo la pubblicazione del suo primo romanzo “Gomorra”,  dal quale è stata tratta la sceneggiatura dell’omonimo film, ha preso una piega da lui non prevista: minacciato dal clan denunciato nel libro, è costretto a vivere da diversi anni sotto scorta. Essendo diventato suo malgrado il simbolo di coloro che si oppongono con coraggio alla criminalità organizzata, Roberto Saviano si è fatto portabandiera di questa lotta pericolosa comparendo in trasmissioni televisive di tutto il mondo, ma il suo messaggio è con la scrittura che diventa più potente.

Nel libro “Zero Zero Zero”, Roberto Saviano dopo avere compiuto ricerche certosine sui percorsi tortuosi seguiti dalla cocaina, la maggiore fonte di guadagno delle mafie, ci rende partecipi di un fenomeno di cui non avevamo intuito la portata.

La cocaina viene estratta da due piante che crescono spontaneamente  in America latina:  è  questa parte del mondo il punto di partenza della ricerca dell’autore. Questo libro non è un romanzo, ma un reportage che utilizzando una prosa potente racconta a partire dagli anni ’80 come la cocaina trasformata in polvere bianca venga diffusa in tutto il mondo a partire dalla Colombia (60% della produzione mondiale), dal Messico,  da El Salvador e dal Guatemala per finire nei vicini Stati Uniti o in Europa, dopo essere stata immagazzinata in Africa, continente fragile e senza regole.

I mezzi di trasporto per far giungere la cocaina là dove c’è più richiesta vanno dall’auto, al treno (i narcotrafficanti hanno costruito interi tratti di ferrovia nei loro Paesi), alle autocisterne, agli aerei  e addirittura ai deltaplani tinti di nero e ai sottomarini, senza contare uomini e cani che viaggiano dopo avere inghiottito ovuli ripieni di questo allucinogeno. Quando un’arteria di trasporto viene ostruita dalla Forze dell’ordine, presto ne viene aperta facilmente un’altra, anche grazie alla complicità di politici, banche e poliziotti corrotti.

La cocaina è uno dei più potenti allucinogeni naturali del sistema nervoso e conferisce a chi la assume, con effetto immediato, euforia e sicurezza con conseguente facilità nei rapporti sociali e resistenza alla fatica. Da quando è iniziata la crisi finanziaria il suo consumo è aumentato proprio perché apparentemente conferisce felicità a chi la assume. In realtà questo effetto dura poco, lasciando il posto ad una pericolosa dipendenza con gravi scompensi a livello della psiche e della funzionalità cerebrale che giungono fino a paranoia ed allucinazioni, senza contare gli effetti negativi sul sistema cardiovascolare e le lesioni gravi alla mucosa del naso.

Roberto Saviano in “Zero Zero Zero” vuole comunicare al lettore che guardandosi  intorno con occhi diversi potrebbe accorgersi che chi fa uso di cocaina non ha l’aspetto tipico del tossicodipendente, bensì appare una persona normale: può essere il taxista, l’infermiere, il poliziotto, il chirurgo, il parroco o addirittura un figlio.

Il lettore non può fare a meno di restare coinvolto dallo stile crudo, lirico, cupo e ossessionato di Roberto Saviano, il quale sembra non sentirsi a proprio agio nei panni del personaggio che è diventato, arrivando a confessarsi e a chiedere scusa ai suoi familiari per essersi messo contro organizzazioni potentissime che puniscono sempre con la morte chi non striscia ai loro piedi. Forse però le parole possono spaventare la criminalità organizzata nel momento in cui vengono lette e ascoltate da chi ha veramente voglia di capire certi meccanismi.

L’autore afferma: “A Scampia nulla è cambiato”, “Ho raccontato senza risolvere”, perché sa che non basta un libro a cambiare le regole, ma vuole ugualmente “capire, scrivere e raccontare”, sottolineando che ciò che fa crescere le mafie di tutto il mondo è soprattutto il vuoto di potere, il marcio e la debolezza che si instaurano in alcuni Stati rendendoli impotenti di fronte ad organizzazioni così ordinate, capaci di servirsi all’occorrenza anche di milizie paramilitari.

Verso la fine del libro l’autore cerca di proporre contro l’espandersi del mercato della cocaina, purtroppo uno dei più redditizi al mondo nonché causa di milioni di morti, una soluzione sulla quale ci sarà molto da discutere.
 
 
 
Francesca Paolillo

 

lunedì 29 aprile 2013

Recensione del romanzo "La preda" di Irène Némirovsky

Irène Némirovsky , ebrea ucraina morta a soli 39 anni nel campo di concentramento di Auschwitz, è stata perseguitata dai nazisti nonostante si fosse convertita da tempo al cristianesimo. Anche suo marito morì dopo essere stato deportato, mentre le due figlie riuscirono a sfuggire ai loro assassini che per lungo tempo continuarono a braccarle, grazie all’interessamento di alcuni cari amici di Irène, portando sempre con sé durante la fuga una valigia piena di manoscritti e lettere della madre che vennero poi con il tempo quasi tutti pubblicati.
Irène Némirovsky era una donna colta di buona famiglia che parlava correntemente diverse lingue e dopo avere molto viaggiato si stabillì in Francia, affermandosi come scrittrice di grande talento. Il nazismo spense la sua vita, ma non la fiamma che ardeva nei suoi scritti che continuano ad essere pubblicati in tutte le lingue e a diffondersi a livello mondiale.
Nel romanzo “La preda” l’autrice disegna una società molto simile a quella odierna, durante gli anni immediatamente successivi alla grande crisi dei mercati azionari del 1929. Allora come oggi lo scambio di favori tra banchieri e politici aveva reso in tutta Europa la popolazione sempre più povera, i giovani sempre più disoccupati. In questo fosco quadro, nella Parigi degli anni Trenta si muove il protagonista Jean-Luc Daguerne, primogenito di una famiglia un tempo benestante che perde tutto. Orfano di madre in tenera età, il ragazzo cresce conoscendo la triste vita del collegio e della caserma, diventando poi un uomo arido ed insensibile. Bramoso di potere e di denaro, Jean-Luc Daguerne sposa una donna che non ama, calpesta amore e amicizia, diventa portaborse di un potente politico, ma quando sta per arrivare all’apice del successo all’improvviso tutto ciò per cui ha lottato non gli interessa più.
La sua visione della vita cambia nel momento in cui si accorge di essere innamorato di una donna che gli preferisce un altro, ai suoi occhi un miserabile, e il suo unico desiderio diventa quello di accoccolarsi fra le braccia di lei come il bambino che è stato. L’autrice, esprimendosi in una scrittura asciutta ma a tratti anche romantica, descrive efficacemente soprattutto nella gestualità le caratteristiche dei numerosi personaggi e ci regala anche un finale ad effetto.
 

Recensione del romanzo "Regalo di nozze " di Andrea Vitali

Il protagonista di questo romanzo strutturato come un racconto lungo è il ventinovenne impiegato del catasto di Como Andrea Correnti. Durante una cena in una calda serata di agosto con la madre vedova che sta per lasciare perché prossimo alle nozze, il giovane ripercorre con nostalgia il periodo della sua infanzia contraddistinto dalle visite dell’indimenticabile zio Pinuccio, “nato gagà”. Tra i protagonisti della storia c’è anche una quattroruote: la mitica Fiat 600 acquistata con grandi sacrifici dal padre di Andrea Correnti, con la quale la famiglia vent’anni prima si era avventurata in una rocambolesca gita verso il mare della Liguria mai visto prima. Dopo la cena a base di un brodino troppo salato e prosciutto cotto rinsecchito la madre del giovane gli svela con gli occhi lucidi, mostrandogli vecchie fotografie, un segreto inaspettato legato a quella gita.
L’autore Andrea Vitali, medico di Bellano attento ascoltatore delle vicende popolari accadute lungo le rive del lago di Como dagli anni Venti ad oggi, utilizza ancora una volta come sfondo della sua storia le profonde acque del lago sulle sponde del quale si muovono personaggi di innegabile verismo. La storia è scorrevole e fa risentire ai lettori meno giovani che hanno vissuto pienamente i favolosi anni Sessanta l’odore del sapone di Marsiglia quando ci si lavava solo al sabato, dell’arrosto e del gabaret di paste alla domenica, del salotto buono dove i bambini non potevano entrare, del condominio dove ci si fermava tutti volentieri a chiacchierare.
 

venerdì 19 aprile 2013

“Tutti sbalorditi eccetto il morto - Le infelici cronache dei quotidiani dell’800” a cura di Alessandro Arseni

 
 




Alessandro Arseni, attento studioso di Storia delle comunicazioni postali, da più di vent’anni sfoglia con pazienza  per la sua attività di filatelista i quotidiani e i periodici italiani pubblicati nel XIX secolo, viaggiando di biblioteca in biblioteca.  Nel corso di questo lavoro certosino, è incappato anche in parecchi articoli che nulla avevano a che vedere con la storia postale ma che ben rappresentavano la società italiana durante il Risorgimento; attirato dallo spirito spesso tragicomico di queste cronache,  le ha suddivise per argomento e ne ha scelte duecento per riprodurle e divulgarle in un libro dal titolo esplicativo: “Tutti sbalorditi eccetto il morto – Le infelici cronache dei quotidiani dell’800”.

L’Ottocento è stato apportatore di enormi cambiamenti nel nostro Paese, quando la cacciata dello straniero usurpatore e la nascita del Regno d’Italia hanno avuto l’effetto di riunire in un unico Stato individui dotati di una coscienza politica nazionale, ma spinti da ideali assai diversi tra loro: repubblicani, socialisti, monarchici, liberali, laici, clericali, eccetera.

Come eravamo allora? La maggior parte della popolazione viveva in stato di analfabetismo  e povertà, la radio non esisteva ancora e la rete dei trasporti lasciava molto a desiderare, quindi comunicare con chi si trovava lontano era difficoltoso.  Proprio il desiderio frenetico di comunicazione e libertà conseguente allo spirito nazionale che si andava delineando in quei decenni  fece nascere i primi giornali artigianali, a gestione spesso familiare, stampati per mezzo di macchine mosse a mano. Le tirature si presentavano limitate, ma anche i potenziali lettori erano in numero esiguo; la vendita veniva attuata per abbonamento o in strada, utilizzando gli strilloni per attirare la curiosità dei passanti.
 
Nelle quattro pagine di cui erano costituiti i quotidiani dell’800 la satira di costume locale tendeva a prevalere sull’informazione, ma vi erano presenti anche articoli che riportavano la cronaca degli altri paesi europei e degli Stati Uniti d’America. Nel libro “Tutti sbalorditi eccetto il morto” Alessandro Arseni ha trascritto articoli che, utilizzando il linguaggio letterario dell’epoca, hanno registrato piccoli e grandi fatti, lasciandoci intuire che, anche se il mondo è assai cambiato da quel tempo, gli individui di oggi vivono le stesse follie, crudeltà, disgrazie e passioni di quelli di allora.

Gli articoli raccolti nel libro sono a volte tragici, a volte esilaranti, come nel caso del bue che scappando dal macello si rifugia al terzo piano di una casa di malaffare, ed anche assai fantasiosi, come nel caso dei combattimenti contro mostri marini e della suora che avrebbe rinnovato completamente la dentatura cinque volte nel corso della sua vita. Il lettore, tra storie di cani salvatori, eroismi di vario genere, bambini divorati da belve, truffe, adulteri, omicidi, esecuzioni, evasioni spettacolari, invenzioni improbabili, processi, cannibalismo, sepolti vivi e segni dell’esistenza di abitanti sulla Luna, comprenderà perfettamente quali fossero gli ideali che animavano l’umanità di allora e non mancherà di trovarvi anche un po’ di se stesso.

 

Francesca Paolillo

domenica 14 aprile 2013

Tre camere a Manhattan, intenso romanzo di George Simenon

Georges Simenon è un prolifico scrittore belga nato all’inizio del Novecento, famoso per avere ideato il personaggio del commissario Jules Maigret. In realtà questo autore si è dedicato solo in parte alla stesura di libri "gialli", producendo dei veri capolavori anche nei generi di appendice e psicologico.
Attento osservatore dei tipi umani più squallidi, in questa storia Georges Simenon rivela il suo animo più profondamente romantico, ma non a caso: durante la stesura dell’opera nel 1946 aveva infatti intessuto una relazione molto appassionata con la sua segretaria che poi divenne la sua seconda, ma non ultima, moglie.
Il romanzo narra di un attore francese quarantasettenne (François Combe) che si è trasferito da due mesi a New York dopo essere stato lasciato dalla moglie per un uomo più giovane, il quale incontra una trentaduenne viennese divorziata (Catherine Miller) in cerca di un qualsiasi uomo che possa colmare la sua solitudine.
Nonostante fossero vicini di casa nel Greenwich Village, il loro incontro avviene del tutto casualmente in un bar di Washington Square.
Quasi tutta la trama del romanzo si svolge di notte, in una New York costantemente grigia, sporca e piovosa, in uno stile asciutto e analitico. Le tinte sono fosche e la solitudine sia dei due protagonisti sia delle figure minori che ruotano loro attorno appare assai pesante, ma l’autore riesce in questa storia costituita quasi esclusivamente da lunghi dialoghi a descrivere perfettamente il modo in cui un uomo e una donna iniziano a conoscersi e poco dopo a riconoscersi. Tra gelosia, paura dell’abbandono prima e dell’amore vero poi, tra numerose bottiglie di whisky bevute e sigarette fumate, i due personaggi alla fine si innamorano sul serio offrendoci, pur con qualche colpo di scena, un lieto fine.
 

Come curare la cistite con metodi naturali

La cistite è l’infiammazione acuta o cronica della vescica urinaria e si manifesta con bisogno frequente di urinare, minzione bruciante, sensazione di incompleto svuotamento della vescica, dolore al basso ventre ed emissione di urine torbide con tracce di sangue, a volte accompagnata da febbre. Tutti possiamo essere colpiti da questo disturbo, anche da bambini, ma nel 65 per cento dei casi ad esserne affette sono le donne, in quanto la via di risalita degli agenti patogeni dalla zona urogenitale è costituita dall’uretra, canale che nell’uomo si presenta tre volte più lungo che nella donna.
In una persona sana il sistema immunitario è in grado di decimare i batteri provenienti dall’intestino che tendono ad aggredire le mucose della vescica per aderire alle sue pareti, ma molteplici fattori possono intervenire per indebolire le nostre difese. I fattori di rischio più frequenti sono principalmente la predisposizione genetica, il diabete, i colpi di freddo, la stitichezza, l’uso di indumenti attillati e l’eccessivo lavaggio delle zone genitali esterne. Nella donna predisponente è anche la menopausa, nell’uomo le patologie della prostata.
La prima volta che crediamo di essere affetti da cistite dobbiamo rivolgerci al medico di base che ci prescriverà una urinocoltura con antibiogramma per stabilire quale sia il tipo di antibiotico più efficace per stroncare l’infezione. Oltre all’antibiotico occorre assumere un antispastico per ridurre la contrazione della mucosa vescicale e bere molta acqua per tenere pulito l’uretere. Se la cistite diventa recidivante l’uso continuato di antibiotici può far insorgere altre patologie tipo la candida indebolendo sempre più le nostre difese immunitarie. In questo caso la natura ci viene in soccorso con alcuni rimedi di comprovata efficacia.
È noto da tempo che i frutti di cranberry o mirtillo rosso inibiscono l’adesione dei microrganismi patogeni alla mucosa della vescica e modificano la composizione chimica dell’urina rendendola inospitale ai batteri tipo escherichia coli. Questo rimedio si trova sotto forma di integratore alimentare e non va assunto contemporaneamente al Warfarin (anticoagulante).
Il karkadè estratto dai fiori di ibisco compie invece un’azione antiossidante, diuretica e antisettica riuscendo a combattere efficacemente oltre ai batteri anche la candida. È consigliabile berlo sotto forma di tisana per tre volte al dì, evitando di assumerlo in gravidanza e allattamento.
Per finire, l’astragalo noto per le sue proprietà immunitarie è sicuramente efficace anche per prevenire cistiti recidivanti. Si assumono 350 gr dell’estratto secco della sua radice per 3 volte al dì.

Recensione del film "Lincoln" di Steven Spielberg

Un grande uomo spesso deve sacrificare ciò che ama se vuole gettare basi importanti per il bene delle generazioni future. Abraham Lincoln è stato il sedicesimo presidente degli Stati Uniti, il primo appartenente al Partito Repubblicano, e fu suo malgrado essenziale protagonista della guerra civile che dal 1861 al 1865vide gli Stati Uniti d’America combattere la Guerra di Secessione contro gli undici Stati Confederati d’America dediti allo schiavismo.
Questo film racconta gli ultimi quattro mesi di vita del Presidente, non solo in quanto fautore di importanti cambiamenti nella mentalità degli americani, ma anche come marito e padre in un’epoca in cui i giovani cadevano al fronte numerosi come mosche. Abraham Lincoln voleva fortemente porre fine ad una guerra sanguinosa, riunire il Paese intero e abrogare la schiavitù dei neri costretti a lavorare nei campi di cotone degli stati meridionali, ma sembrava impossibile che potesse ottenere a breve contemporaneamente tutte queste cose.
Lavorando di astuzia il Presidente grazie anche alla sua innegabile arte oratoria ottenne tutto ciò per cui aveva vissuto, ma perse i suoi beni più preziosi, tra cui la vita: un sera, mentre si trovava a teatro a Washington senza guardia del corpo, è stato raggiunto da un colpo di pistola alla testa ad opera di un attore della Virginia che simpatizzava per i Sudisti secessionisti ed è spirato dopo qualche ora di coma.
Recensione Del Film 'lincoln' Di Steven Spielberg
Indubbiamente il Presidente Lincoln ha avviato con la sua tenacia e i suoi sacrifici un percorso di cambiamento inevitabile per il futuro della sua nazione, riuscendo ad accentrare maggiormente il potere del Governo Federale a discapito dell’autonomia dei singoli Stati. Anche se affrancati dalla schiavitù, dopo la sua morte gli afro-americani hanno dovuto sopportare ancora un secolo di pregiudizi e intolleranza, ma hanno potuto sentirsi sempre più parte integrante degli Stati Uniti d’America.
L’attore protagonista di questa riuscitissima pellicola girata da Steven Spielberg, Daniel Day-Lewis, è stato candidato a ragione al premio Oscar, in quanto si è calato perfettamente nei panni di Abraham Lincoln riuscendo a comunicare allo spettatore le emozioni più profonde di questo personaggio storico che come nessun altro ha reso gli Stati Uniti d’America una vera nazione, nel senso di comunità i cui individui condividono fortemente lingua, origine, storia e ideali nella mente e nel cuore, dando luogo ad una vera coscienza comune.

sabato 23 marzo 2013

Come realizzare bellissime uova decorate spendendo pochi euro


Le uova decorate non sono difficili da realizzare, purché si usi un minimo di delicatezza  nel maneggiarle, e sono adatte per personalizzare la nostra casa anche al di fuori del  periodo pasquale. Uova  dipinte venivano donate nei giorni della Pasqua fin dal Medioevo come simbolo benaugurale di rinnovamento o, per i cristiani, di Resurrezione.
 
 

Per questa creazione si possono utilizzare uova di struzzo, oca o gallina già svuotate, oppure quelle in legno che si usavano un tempo per rammendare le calze. Nei colorifici se ne trovano anche in plastica.

Occorrente:

uova

portauova

siringa

spiedini di legno

vernice acrilica

colla vinilica

vernice lucida trasparente

tovaglioli di carta decorati

pennelli
 

 

Se si utilizzano uova fresche, per svuotarle bisogna praticarvi due fori, uno in alto e uno in basso, con l’ausilio di una puntina da disegno,  allargando quello inferiore fino al raggiungimento di 2 mm di diametro. In secondo luogo bisogna forare il tuorlo con una siringa e iniettarvi un po’ di aria tenendo delicatamente l’uovo  in mano sopra ad una tazza poiché il contenuto  fuoriuscirà dal basso (così facendo lo si potrà utilizzare in cucina). Risciacquiamo  poi  l’interno dell’uovo utilizzando ancora la siringa e  laviamone l’esterno con acqua e sapone, quindi  lasciamo asciugare.
 

Infiliamo ogni uovo  su di uno spiedino e stendiamovi dapprima  due mani di vernice acrilica, scegliendo preferibilmente tinte chiare.

Ritagliamo accuratamente dai tovaglioli le figure da incollare sulle uova, tenendo tutti gli strati del tovagliolo per evitare di ottenere un velo troppo sottile che si spezzerebbe facilmente. Appoggiamo le figure sulle uova e passiamoci sopra abbondantemente  la colla vinilica diluita con una parte di acqua ogni cinque di colla. Lasciamo asciugare e poi passiamo la vernice lucidante.
 
 

Per esporre le nostre creazioni, se non disponiamo di portauova possiamo utilizzare bicchierini o piccoli portacandela oppure creare una base con il Das e poi verniciarla.

Molto grazioso è anche l’albero di Pasqua, ottenuto appendendo ad un ramo uova decorate provviste di un anello di passamaneria  fissato con la colla in modo  da poterle appendere.