lunedì 17 settembre 2012

Grazie alla ortocheratologia possiamo fare a meno degli occhiali da vista

La ortocheratologia è una tecnica non chirurgica nata circa quaranta anni fa e recentemente perfezionata, che consente di correggere miopia, astigmatismo e ipermetropia in maniera reversibile, semplicemente indossando durante la notte apposite lenti a contatto rigide gas-permeabili. Le lenti a contatto tradizionali sono progettate in modo da interferire il meno possibile con la cornea, mentre quelle ortocheratologiche durante il riposo notturno ne modificano il profilo, effettuando una pressione sulla sua superficie in maniera controllata per variarne la curvatura, cosicché al risveglio la nostra vista risulterà ottimale anche dopo averle tolte e rimarrà tale durante tutto il giorno seguente senza dovere più indossare occhiali o lenti a contatto. Per chi è affetto da difetti visivi al di sotto delle 2 diottrie, al raggiungimento di un risultato ottimale sono sufficienti pochi giorni di trattamento, per i difetti fino a 4 diottrie ci vorrà qualche settimana, mentre per i difetti più gravi il trattamento ha un'efficacia ridotta. Non appena la nostra vista avrà raggiunto i 10/10 durante tutta la giornata senza ausili visivi, potremo finalmente praticare i nostri sport preferiti e dedicarci ad attività professionali e ricreative in assoluta libertà, con una visione migliore rispetto a quella che ottenevamo indossando occhiali da vista. Naturalmente solo un medico oculista può stabilire se i nostri occhi possiedono le condizioni anatomo-funzionali idonee al trattamento. Anche i bambini al di sopra dei 10 anni possono essere sottoposti a questa terapia, purché disposti a rispettarne le norme di igiene, anzi questa tecnica è vivamente consigliata nell'infanzia perché consente di bloccare il peggioramento della miopia. 

Il costo iniziale è di 1000-1500 Euro; dopo 1-2 anni le lenti vanno sostituite prevedendo un ulteriore costo di circa 800
 Euro. 

www.arcadiaclub.com/12372/grazie_alla_ortocheratologia_possiamo_fare_a_meno_degli_occhiali_da_vista.htm

Come si fa a scrivere un romanzo

Prima di accingerci a scrivere, dobbiamo innanzitutto leggere molto. Una lettura attenta, non solo dei romanzi classici ma anche degli autori più recenti, ci consentirà di comprendere come è strutturato un libro e come l'Autore sviluppa i dialoghi e le descrizioni di ambienti e personaggi per riuscire a catturare l'interesse del lettore dalla prima all'ultima pagina. Se ci sembra che la nostra scrittura sia imperfetta, possiamo ripassarci la grammatica cercando con un motore di ricerca sul Web "norme tipografiche e redazionali": diversi Siti ne forniscono e una volta stampate le potremo consultare ogni qualvolta avremo dei dubbi. Per affinare il nostro stile sarebbe utile iscriverci ad un corso di scrittura creativa: se ne trovano anche a basso costo organizzati dai Comuni. Un'altra cosa che dovremmo fare, se aspiriamo a diventare uno scrittore, è di portare sempre con noi un taccuino e una penna e ogni volta che veniamo colpiti da un'immagine, da un odore o da qualsiasi altra sensazione imprimere subito sulla carta ciò che proviamo in quel momento, perché se lo facciamo dopo qualche tempo ci accorgeremo di non riuscire più a descrivere esattamente quelle sensazioni. 

A questo punto siamo pronti per cominciare a scrivere il nostro primo romanzo, ricordandoci di tenere sempre a portata di mano un dizionario "dei sinonimi e dei contrari" per arricchire il nostro lessico. Annotiamo, su un foglio a parte, di ogni personaggio l'anno di nascita e il momento di incontro con gli altri, o dopo un po' ci confonderemo. Scriviamo la storia, nella prima stesura anche di getto. Quando saremo arrivati in fondo, stampiamola e rileggiamola attentamente segnando nel testo i punti in cui i dialoghi vanno ampliati o in cui le descrizioni di ambienti e personaggi non sono complete. Se ad un certo punto ci sembra di avere perso la vena creativa, accantoniamo per qualche tempo il nostro romanzo: presto ci verrà in mente qualche situazione da aggiungere alla storia per renderla più completa e potremo riprendere a scrivere. 

Quando la storia è finita non affezioniamoci troppo al nostro romanzo: se vogliamo vederlo nella vetrina di qualche libreria dobbiamo rassegnarci a lasciarlo andare e spedirlo a qualche editore. 

www.arcadiaclub.com/news/12373/default.aspx

venerdì 7 settembre 2012

Recensione del romanzo "Il piacere" di Gabriele D'Annunzio


Il protagonista della narrazione è Andrea Sperelli, giovane incisore e poeta, cresciuto senza madre e con un padre libertino che lo lascia ricco e orfano a soli ventuno anni. Privo di una linea morale si dà alle dissolutezze, finché incontra ad una cena della Roma aristocratica e mondana di fine ottocento una bellissima vedova, la duchessa Elena Muti, ed è immediato colpo di fulmine per entrambi. Tra i due nasce una storia d’amore molto passionale, ma dopo qualche mese Elena travolta dai debiti decide di sposare un ricco Lord inglese e scompare.  Andrea Sperelli si dispera per l’amore perduto ma torna presto alla vita libertina a lui congeniale arrivando persino a battersi in  duello contro l’amante offeso di una donna sposata che stava corteggiando. Ferito gravemente durante la contesa, si ritira nella villa sul Mar Adriatico di una sua cugina e qui incontra una donna sposata casta e pura che ha la voce simile ad Elena, il cui nome è Maria. Tornato a Roma rivede Elena che però lo respinge per un altro amante e rivede anche  Maria che decide di sedurre. Andrea Sperelli è al tempo stesso falso e sentimentale, egoista e amorevole e in bilico tra l’amore passionale per Elena, omonima della famosa adultera che causò la guerra di Troia, e l’amore puro di Maria, omonima della madre di Cristo.
Questo è il primo romanzo di Gabriele D’Annunzio, fanciullo prodigio che pubblicò a soli 16 anni la raccolta di poesie “Primo vere”. Il linguaggio è sublime, poetico, musicale e ricercato: “un bacio li prostrava più di un amplesso. Distaccati si guardavano, con gli occhi fluttuanti, in una nebbia torbida. Ed ella diceva, con voce un po’ roca, senza sorridere:- Moriremo.” 
Considerando quanto si è impoverita la lingua italiana negli ultimi decenni, ritengo utile la lettura attenta di questo romanzo che contiene numerosi termini non più di uso comune ma che qualunque italiano di buona cultura dovrebbe saper padroneggiare.     




mercoledì 5 settembre 2012

Il Tantra può sciogliere i nostri nodi interiori


Tantra in sanscrito significa “tecnica per ampliare la coscienza”.  Non sappiamo quale ne sia l’origine precisa, in quanto inizialmente i suoi princìpi furono trasmessi solo oralmente e non trascritti. Da testi originali indiani e tibetani possiamo dedurre che l’intento di questa tecnica antichissima, la quale vanta stretti legami con lo Yoga, sia il raggiungimento di un profonda conoscenza del proprio io più interiore prima di entrare in contatto con il prossimo, nella consapevolezza che l’universo e gli esseri umani sono tutti permeati della medesima energia divina e che le maschere emotive  indossate per tutta la vita nell’intenzione di fuggire dalle paure interiori sicuramente interferiscono nella comunicazione con gli altri.

In pratica, mediante tecniche di meditazione con recitazione di mantra, danza, yoga, teatro, disegno e massaggio con olio, assaporando profumi, luci, suoni e tocco si raggiunge un rapporto consapevole con le esigenze del proprio corpo arrivando a percepirne gli stati emotivi più profondi, alla ricerca dell’estasi. Questo insieme di pratiche ci può far accedere all’energia cosmica presente nel nostro copro e portarci alla liberazione dalle sofferenze che l’essere in vita comporta, nell’unione di corpo, mente e sentimenti che compenetrati insieme formano il nostro io.
Dobbiamo diventare più spirituali, allargando i confini del nostro nucleo: solo liberandoci dei nostri limiti possiamo dare il meglio di noi stessi ed essere pronti per accogliere ciò che gli altri ci possono dare. Il Tantra  insegna a liberarci dalle inibizioni e ad accettare la vita in tutta la sua pienezza e consapevolezza e a ritrovare una sana armonia in sé: accettare il proprio corpo significa apprezzarlo proprio così come è, conoscerlo dentro, non come è riflesso nello specchio, e sentirci finalmente liberati dai nodi interiori che ci bloccavano.
 
In Italia esistono numerosi centri dove praticare il Tantra, da soli o in coppia, magari per riaccendere un rapporto ormai diventato fiacco.

Si possono frequentare corsi mensili di una giornata al mese (di sabato o di domenica) al costo di 80 Euro ad incontro, corsi weekend a 180 Euro o settimane full immersion nella natura al costo di circa 540 Euro.

 

 
 
Francesca Paolillo