domenica 16 dicembre 2012

Recensione del film "Monsieur Lazhar"


Cast: Mohamed Fellag, Sophie Nélisse, Danielle Proulx, Èmilien Nèron.

Il regista canadese Philippe Falardeau ha tratto da una pièce teatrale di Evelyne de la Chenelière questa storia commovente che tratta temi come l’immigrazione,  i rifugiati, il precariato, il sospetto di pedofilia e la solitudine familiare in cui vivono  molti bambini.

Il racconto inizia con il suicidio di una insegnante che si impicca  a Montreal nell’aula dove insegnava  ad una classe di undicenni, sconvolgendo tutta la scuola e le famiglie che la frequentano. Prima che il Provveditorato si attivi per sostituire l’insegnante, si offre come supplente il cinquantacinquenne algerino Bachir Lazhar. La Preside, trovandosi in difficoltà, lo assume senza chiedergli credenziali.

L’algerino  è in attesa di permesso di soggiorno come rifugiato e avendo subito anch’egli di recente un grave lutto si rivela ben presto il maestro ideale per quella classe, nonostante sia continuamente ostacolato dagli altri insegnanti e dalla psicologa assegnata  ai bambini  per superare il trauma della perdita.

Il film si svolge all’interno della scuola ed evidenzia gli errori della educazione moderna fobica che non consente alcun contatto fisico tra insegnanti e alunni, addirittura neanche quando si tratta di proteggerne le spalle dalle scottature solari o di dare un abbraccio consolatorio.

Questa pellicola, presente sul territorio italiano in 50 copie, è stata candidata all’Oscar nel 2012 e ha vinto il premio del pubblico al Locarno Film  Festival nel 2011. Da vedere.

mercoledì 14 novembre 2012

Recensione del racconto "Amore a quattro zampe" di Anna De Zuani


Anna De Zuani narra nella sua prima opera la storia vera del legame profondo tra lei e la sua dobermann Kriss . È il millenovecentosettantanove quando l’autrice trova  un cucciolo ferito in mezzo a una strada di campagna e con una certa riluttanza decide di ospitare  la bestiola in casa propria. L’amore tra loro non nasce immediatamente ma a poco a poco, da quando la dobermann  con una zampa interamente ingessata si trascina verso la sua salvatrice seduta in poltrona e la guarda con i suoi “occhi tondi” mendicando una carezza.  Nasce così uno splendido rapporto fatto di giri di valzer, lecchini sul naso, corse sulla spiaggia in Sardegna e poi dopo un rocambolesco trasloco nel giardino della nuova casa sul Lago Maggiore. Purtroppo i nostri amici a quattro zampe conducono una vita molto più breve della nostra e prima o poi ci tocca separarcene con grande dolore.  Kriss dopo tredici anni si ammala gravemente e sopporta la sofferenza con grande dignità: “questa bestia mi insegnava che nello scorrere della vita c’è magia, che nella fine c’è dolcezza”.  La sofferenza di Kriss non è stata vana, perché grazie a lei Anna De Zuani ha imparato ad amare e accudire tanti altri cani abbandonati, collaborando anche con la Lega Anti Vivisezione. 
 
Francesca Paolillo

martedì 13 novembre 2012

Recensione del romanzo "Di tutte le ricchezze" di Stefano Benni


Il protagonista del romanzo è Martin, professore settantenne che da tempo si è ritirato a vivere in campagna con il suo cane Ombra. L’anziano dal bianco ciuffo possiede diverse doti eccezionali, tra cui  il saper parlare con gli animali. Da quando suo figlio si è trasferito in America conduce una vita da scapolo in una casa disordinata, indossando abiti consunti e padellati, con l’unico impegno di scrivere articoli sulla vita di un misterioso poeta morto in manicomio, soprannominato “Catena”. Un giorno però accade che nel casolare accanto al professore  si stabilisca una coppia, lui mercante d’arte sull’orlo del fallimento e lei bellissima attrice  e ballerina ventottenne. Martin frequentando la ragazza bionda dagli occhi azzurri che tanto assomiglia al suo più  grande amore del passato  vive una seconda giovinezza: “Da quando sono arrivati i nuovi vicini, il cielo della mia solitudine si è riempito di nubi. Alcune candide, altre tempestose”. Persino i nomi delle due donne sono simili: Michela e Michelle.

Questo romanzo, scritto alternatamente il prima e in terza persona, cattura le emozioni del lettore portandolo fino al riso e  fino al pianto. È una storia delicata e pervasa di un ottimismo che in tempi oscuri come quelli che stiamo vivendo oggigiorno riscalda il cuore.

sabato 27 ottobre 2012

Leonardo aveva un cuore di pietra: Francesca Paolillo da writer a scrittrice

 
Intensità: Un geologo sensitivo, la Seconda Guerra Mondiale, un'infanzia rubata, il Partito Comunista Italiano, una violenza sessuale... Leonardo aveva un cuore di pietra...

La vicenda principale si svolge nel 1990 con la sparizione della bella Lidia dai capelli rossi nella ridente Val Vigezzo, dove il protagonista vive emozioni fortissime che gli cambieranno la vita.

Nel romanzo l'autrice esplora la complessa personalità di Leonardo, geologo cinquantenne dotato di capacità sensitive, e ne ripercorre la vita a partire dalla sua nascita a Milano durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale.

La lettura scorre fluida grazie ad un linguaggio ben dosato, la storia è interessante e ben costruita. Chi ama AAC amerà questo libro.
 
link:  news.arcadiaclub.com/.../leonardo_aveva_un_cuore_di_pietra_francesca_paolillo...

domenica 21 ottobre 2012

Cosa accadrà il 21 dicembre 2012?


Da qualche anno si sente molto parlare di questa fatidica data associata a chissà quali eventi apocalittici. Effettivamente fin da tempi assai remoti sono diverse le profezie riferite in modo più o meno esplicito alla fine del mese di dicembre 2012. Gli antichi Indù profetizzavano per questa data l’arrivo del Kaliyuga, un periodo di distruzione a cui seguirà una nuova Età dell’Oro. Gli Aztechi prevedevano invece l’avvento dell’Era del Sesto Sole in cui un Dio scenderà sulla Terra e si verificheranno grandi cambiamenti. I Maya, invece, già cinquemila anni fa profetizzavano per il 21 dicembre 2012 l’inizio del  14° ba’k’tun  che porterebbe ad  un evento di proporzioni planetarie con cataclismi forse per inversione del campo magnetico terrestre. Effettivamente la velocità di rotazione della Terra attorno al proprio asse è diminuita negli ultimi anni e secondo alcuni scienziati presto questo movimento si arresterà del tutto durante 72 ore per poi riprendere in senso inverso causando l’inversione dei poli magnetici, il che è già avvenuto una decina di volte negli ultimi 30 milioni di anni, con conseguente assottigliamento dello strato di ozono. La minore schermatura dal vento solare porterebbe un grande aumento di malattie tumorali nell’uomo e grossi problemi di orientamento negli animali.
L’evangelista Matteo invece parlava di tre giorni di buio totale durante i quali scomparirà un grande territorio  a causa della caduta di una meteora sulla Terra: “Molti uomini hanno davanti il precipizio e non lo vedono”.
Parlando di profezie non possiamo fare a meno di citare Nostradamus, il quale parlava di un periodo di guerre e maremoti dopo il quale “gran fuoco dal cielo in tre notti piomberà e poco dopo la Terra tremerà”.
Secondo articoli di giornale, romanzi e film apocalittici, sembra che potremmo aspettarci per il 21 dicembre 2012: l’inizio di un’era di pace globale, un’invasione di alieni, immani eruzioni vulcaniche, lo scontro con un pianeta misterioso, un conflitto nucleare, un virus sterminatore e l’avvicinamento di un buco nero che risucchierà la Terra. In realtà le uniche cose certe per quella data sono l’allineamento di Marte, Giove e Saturno, l’allineamento del Sole con il centro della via Lattea che avviene ogni 26.000 anni ed un aumento dell’attività solare che potrebbe causare problemi di blackout elettrico a tutto il pianeta.

lunedì 15 ottobre 2012

Gli insetti volanti che infestano le nostre abitazioni


Il più molesto degli insetti che infestano le nostre case sia in campagna sia in città è sicuramente la zanzara ematofaga (Culex pipiens). Ciò che attrae le femmine di zanzara, in quanto il maschio non si ciba di sangue, è l’odore dei nostri corpi e dell’anidride carbonica che emettiamo respirando. È  la saliva di questo insetto a procurarci quel fastidioso prurito dopo la puntura, che  può essere anche veicolo di malattie virali  e parassitiche. Le armi a nostra disposizione per combattere la zanzara sono spray insetticidi, elettroemanatori e candele alla citronella,  zanzariere alle finestre ma soprattutto  lotta alle larve che si trovano sulla superficie di acque stagnanti.
Anche il pappatacio  femmina (Phlebotomus papatasi) si nutre succhiando il nostro sangue, soprattutto da maggio ad ottobre, ma contrariamente alle zanzare non emette ronzio. Può trasmettere la Leishmania, parassita  che può causare patologie anche gravi che interessano  cute, mucose, milza, fegato e midollo osseo. Essendo più piccolo della zanzara questo insetto  riesce ad oltrepassare le maglie delle zanzariere che vanno perciò impregnate di insetticidi. Il pappatacio è pericoloso anche per i cani che non dovrebbero essere lasciati all’aperto di notte quando questo insetto è più vorace.
La vespa (Polistes, Vespula) e il calabrone (Vespa crabro) sono insetti sociali che vivono in nidi e aggrediscono chiunque li disturbi, soprattutto nei mesi di agosto e settembre. Essendo la loro puntura molto pericolosa per chi è allergico, è bene eliminarne i nidi di piccole dimensioni durante la notte quando questi insetti dormono o chiamare i Vigili del fuoco se i nidi sono molto grandi.
La mosca (Musca domestica) è attratta dagli alimenti presenti nelle nostre abitazioni e può contaminarli deponendovi uova che si trasformano in larve. Si nutre per mezzo di una proboscide succhiando il cibo dopo averlo sciolto con la saliva. Può trasmettere malattie come tifo, colera, salmonellosi  e tubercolosi.  Le zanzariere sono sicuramente il rimedio più efficace per combatterle, oltre alle calotte in rete per proteggere cibi e bevande.
La tarma (Tineola bisseliella e Tinea pellionella) all’interno delle abitazioni si ciba di tessuti di lana, seta, cotone, pelle  e pelliccia. È allo stadio di larva che questo insetto fa danni maggiori, attirata dall’odore di sudore delle persone  e dall’umidità. Pertanto ci possiamo difendere dalle tarme mantenendo gli ambienti asciutti, conservando gli indumenti il più possibile puliti e profumando gli armadi.

 

Recensione del romanzo "Il segno di Attila" di Guido Cervo


Nel 451 d.C. ebbe luogo ai Campi Catalaunici (Chalôn) una sanguinosa battaglia che decise le sorti future dell’Europa. Questo romanzo storico continua la saga ambientata dallo scrittore Guido Cervo nel Sacro Romano Impero, narrando le gesta di due grandi eserciti che si fronteggiano: da un lato gli Unni invasori delle Gallie e dall’altro i Romani con i loro alleati (Franchi, Burgundi, Celti e Visigoti).Tra clangori di armi che cozzano e litri di sangue umano versato, la battaglia termina nel libro con la ritirata degli Unni.
I protagonisti principali della narrazione sono Balamber guerriero delle steppe, suddito di Attila ( l’ultimo e più potente sovrano degli  Unni), e il prefetto romano Aulo Sebastiano suddito del governatore Flavio Ezio, i quali si incontrano più volte in un assoluto rispetto reciproco. Nonostante le loro diverse origini  i contendenti sono attratti dalla stessa donna, una giovane principessa guerriera dal corpo esile ma dalle grandi capacità guerresche.
L’Autore grazie ad una scrittura chiara e scorrevole accompagna il lettore in questo mondo antico in cui i rapporti tra gli uomini sono ancora barbari e selvaggi, anche se qualche guerriero sa mostrare anche un inaspettato lato sentimentale. La storia è interessante e ben costruita, anche se molto romanzata in quanto le cronache dell’epoca trattarono l’argomento in maniera superficiale, lasciando all’Autore molto spazio per l’immaginazione e l’inventiva.

lunedì 17 settembre 2012

Grazie alla ortocheratologia possiamo fare a meno degli occhiali da vista

La ortocheratologia è una tecnica non chirurgica nata circa quaranta anni fa e recentemente perfezionata, che consente di correggere miopia, astigmatismo e ipermetropia in maniera reversibile, semplicemente indossando durante la notte apposite lenti a contatto rigide gas-permeabili. Le lenti a contatto tradizionali sono progettate in modo da interferire il meno possibile con la cornea, mentre quelle ortocheratologiche durante il riposo notturno ne modificano il profilo, effettuando una pressione sulla sua superficie in maniera controllata per variarne la curvatura, cosicché al risveglio la nostra vista risulterà ottimale anche dopo averle tolte e rimarrà tale durante tutto il giorno seguente senza dovere più indossare occhiali o lenti a contatto. Per chi è affetto da difetti visivi al di sotto delle 2 diottrie, al raggiungimento di un risultato ottimale sono sufficienti pochi giorni di trattamento, per i difetti fino a 4 diottrie ci vorrà qualche settimana, mentre per i difetti più gravi il trattamento ha un'efficacia ridotta. Non appena la nostra vista avrà raggiunto i 10/10 durante tutta la giornata senza ausili visivi, potremo finalmente praticare i nostri sport preferiti e dedicarci ad attività professionali e ricreative in assoluta libertà, con una visione migliore rispetto a quella che ottenevamo indossando occhiali da vista. Naturalmente solo un medico oculista può stabilire se i nostri occhi possiedono le condizioni anatomo-funzionali idonee al trattamento. Anche i bambini al di sopra dei 10 anni possono essere sottoposti a questa terapia, purché disposti a rispettarne le norme di igiene, anzi questa tecnica è vivamente consigliata nell'infanzia perché consente di bloccare il peggioramento della miopia. 

Il costo iniziale è di 1000-1500 Euro; dopo 1-2 anni le lenti vanno sostituite prevedendo un ulteriore costo di circa 800
 Euro. 

www.arcadiaclub.com/12372/grazie_alla_ortocheratologia_possiamo_fare_a_meno_degli_occhiali_da_vista.htm

Come si fa a scrivere un romanzo

Prima di accingerci a scrivere, dobbiamo innanzitutto leggere molto. Una lettura attenta, non solo dei romanzi classici ma anche degli autori più recenti, ci consentirà di comprendere come è strutturato un libro e come l'Autore sviluppa i dialoghi e le descrizioni di ambienti e personaggi per riuscire a catturare l'interesse del lettore dalla prima all'ultima pagina. Se ci sembra che la nostra scrittura sia imperfetta, possiamo ripassarci la grammatica cercando con un motore di ricerca sul Web "norme tipografiche e redazionali": diversi Siti ne forniscono e una volta stampate le potremo consultare ogni qualvolta avremo dei dubbi. Per affinare il nostro stile sarebbe utile iscriverci ad un corso di scrittura creativa: se ne trovano anche a basso costo organizzati dai Comuni. Un'altra cosa che dovremmo fare, se aspiriamo a diventare uno scrittore, è di portare sempre con noi un taccuino e una penna e ogni volta che veniamo colpiti da un'immagine, da un odore o da qualsiasi altra sensazione imprimere subito sulla carta ciò che proviamo in quel momento, perché se lo facciamo dopo qualche tempo ci accorgeremo di non riuscire più a descrivere esattamente quelle sensazioni. 

A questo punto siamo pronti per cominciare a scrivere il nostro primo romanzo, ricordandoci di tenere sempre a portata di mano un dizionario "dei sinonimi e dei contrari" per arricchire il nostro lessico. Annotiamo, su un foglio a parte, di ogni personaggio l'anno di nascita e il momento di incontro con gli altri, o dopo un po' ci confonderemo. Scriviamo la storia, nella prima stesura anche di getto. Quando saremo arrivati in fondo, stampiamola e rileggiamola attentamente segnando nel testo i punti in cui i dialoghi vanno ampliati o in cui le descrizioni di ambienti e personaggi non sono complete. Se ad un certo punto ci sembra di avere perso la vena creativa, accantoniamo per qualche tempo il nostro romanzo: presto ci verrà in mente qualche situazione da aggiungere alla storia per renderla più completa e potremo riprendere a scrivere. 

Quando la storia è finita non affezioniamoci troppo al nostro romanzo: se vogliamo vederlo nella vetrina di qualche libreria dobbiamo rassegnarci a lasciarlo andare e spedirlo a qualche editore. 

www.arcadiaclub.com/news/12373/default.aspx

venerdì 7 settembre 2012

Recensione del romanzo "Il piacere" di Gabriele D'Annunzio


Il protagonista della narrazione è Andrea Sperelli, giovane incisore e poeta, cresciuto senza madre e con un padre libertino che lo lascia ricco e orfano a soli ventuno anni. Privo di una linea morale si dà alle dissolutezze, finché incontra ad una cena della Roma aristocratica e mondana di fine ottocento una bellissima vedova, la duchessa Elena Muti, ed è immediato colpo di fulmine per entrambi. Tra i due nasce una storia d’amore molto passionale, ma dopo qualche mese Elena travolta dai debiti decide di sposare un ricco Lord inglese e scompare.  Andrea Sperelli si dispera per l’amore perduto ma torna presto alla vita libertina a lui congeniale arrivando persino a battersi in  duello contro l’amante offeso di una donna sposata che stava corteggiando. Ferito gravemente durante la contesa, si ritira nella villa sul Mar Adriatico di una sua cugina e qui incontra una donna sposata casta e pura che ha la voce simile ad Elena, il cui nome è Maria. Tornato a Roma rivede Elena che però lo respinge per un altro amante e rivede anche  Maria che decide di sedurre. Andrea Sperelli è al tempo stesso falso e sentimentale, egoista e amorevole e in bilico tra l’amore passionale per Elena, omonima della famosa adultera che causò la guerra di Troia, e l’amore puro di Maria, omonima della madre di Cristo.
Questo è il primo romanzo di Gabriele D’Annunzio, fanciullo prodigio che pubblicò a soli 16 anni la raccolta di poesie “Primo vere”. Il linguaggio è sublime, poetico, musicale e ricercato: “un bacio li prostrava più di un amplesso. Distaccati si guardavano, con gli occhi fluttuanti, in una nebbia torbida. Ed ella diceva, con voce un po’ roca, senza sorridere:- Moriremo.” 
Considerando quanto si è impoverita la lingua italiana negli ultimi decenni, ritengo utile la lettura attenta di questo romanzo che contiene numerosi termini non più di uso comune ma che qualunque italiano di buona cultura dovrebbe saper padroneggiare.     




mercoledì 5 settembre 2012

Il Tantra può sciogliere i nostri nodi interiori


Tantra in sanscrito significa “tecnica per ampliare la coscienza”.  Non sappiamo quale ne sia l’origine precisa, in quanto inizialmente i suoi princìpi furono trasmessi solo oralmente e non trascritti. Da testi originali indiani e tibetani possiamo dedurre che l’intento di questa tecnica antichissima, la quale vanta stretti legami con lo Yoga, sia il raggiungimento di un profonda conoscenza del proprio io più interiore prima di entrare in contatto con il prossimo, nella consapevolezza che l’universo e gli esseri umani sono tutti permeati della medesima energia divina e che le maschere emotive  indossate per tutta la vita nell’intenzione di fuggire dalle paure interiori sicuramente interferiscono nella comunicazione con gli altri.

In pratica, mediante tecniche di meditazione con recitazione di mantra, danza, yoga, teatro, disegno e massaggio con olio, assaporando profumi, luci, suoni e tocco si raggiunge un rapporto consapevole con le esigenze del proprio corpo arrivando a percepirne gli stati emotivi più profondi, alla ricerca dell’estasi. Questo insieme di pratiche ci può far accedere all’energia cosmica presente nel nostro copro e portarci alla liberazione dalle sofferenze che l’essere in vita comporta, nell’unione di corpo, mente e sentimenti che compenetrati insieme formano il nostro io.
Dobbiamo diventare più spirituali, allargando i confini del nostro nucleo: solo liberandoci dei nostri limiti possiamo dare il meglio di noi stessi ed essere pronti per accogliere ciò che gli altri ci possono dare. Il Tantra  insegna a liberarci dalle inibizioni e ad accettare la vita in tutta la sua pienezza e consapevolezza e a ritrovare una sana armonia in sé: accettare il proprio corpo significa apprezzarlo proprio così come è, conoscerlo dentro, non come è riflesso nello specchio, e sentirci finalmente liberati dai nodi interiori che ci bloccavano.
 
In Italia esistono numerosi centri dove praticare il Tantra, da soli o in coppia, magari per riaccendere un rapporto ormai diventato fiacco.

Si possono frequentare corsi mensili di una giornata al mese (di sabato o di domenica) al costo di 80 Euro ad incontro, corsi weekend a 180 Euro o settimane full immersion nella natura al costo di circa 540 Euro.

 

 
 
Francesca Paolillo





sabato 30 giugno 2012

Presentazione del romanzo "Leonardo aveva un cuore di pietra" di Francesca Paolillo

Leonardo, avvenente geologo cinquantenne dotato di capacità sensitive, si sveglia una mattina della primavera 1990 con la netta sensazione che  la sua vita stia per cambiare radicalmente.
Abita in un casolare a Quinto Sole, alle porte di Milano, di fianco al podere di una sessantenne vedova senza figli di nome Egle che gli dà volentieri una mano, soprattutto quando lui si assenta per impegni di lavoro.
Leonardo è un uomo egoista e dal cuore di pietra e il narratore ripercorre la sua vita per comprendere cosa lo abbia reso così arido.
Il protagonista della storia nasce a Milano nel 1940, sotto i bombardamenti; la guerra, con i suoi orrori,  gli porta via una bella fetta di ingenuità infantile. A tredici anni Leonardo viene sedotto da una donna adulta. Il diventare uomo così bruscamente fa sì che non impari a rispettare le donne e che non riesca ad innamorarsi mai.
A ventisei anni, iscrittosi al Partito comunista italiano, parte per un viaggio a Mosca agognato da molto tempo ma resta molto deluso dalle condizioni dei cittadini sotto quel regime, così al rientro in Italia straccia la tessera del partito. E’ in questo periodo che il suo cuore comincia  a tramutarsi in pietra.
In seguito, in un periodo contraddistinto dalla noia, si macchia di una violenza sessuale nei confronti di sua cognata, dalla quale nascerà un bambino a cui viene imposto il nome Massimo che tutti, lui compreso, credono figlio legittimo di suo fratello.
Solo vent’anni dopo, nel corso di una seduta spiritica, Leonardo viene a sapere di avere generato un figlio e che il suo dovere è di salvarlo da un  grave pericolo imminente. Lo va  a cercare dapprima nel Mar dei Caraibi e poi nella ridente Val Vigezzo, dove il ragazzo sta cercando la sua migliore amica scomparsa da qualche giorno.
Qui Leonardo vivrà delle fortissime emozioni che cambieranno il corso della sua vita.


giovedì 28 giugno 2012

L'uomo potrà mai essere immortale?

La vita media dell’uomo si è allungata parecchio negli ultimi anni grazie al miglioramento dell’alimentazione e delle condizioni generali di vita ed anche ai notevoli  progressi della medicina e della chirurgia. L’aspettativa di vita alla nascita era di 20 anni nel periodo Paleolitico e di 28 anni all’epoca di Gesù Cristo, mentre oggi la longevità massima è di ben 120 anni. I centenari in Italia erano circa 50 ai primi del Novecento e più di 5000 alla fine dello stesso secolo, mentre oggi le persone che superano i 60 anni nel nostro Paese sono il 25% della popolazione: praticamente stiamo guadagnando 3 mesi di vita ogni anno che passa, e secondo gli scienziati siamo molto vicini al traguardo della semi-immortalità, cioè alla possibilità che si arrivi a  vivere anche 1000 anni. Fin dai tempi più antichi l’uomo ha aspirato all’immortalità, immaginando gli dei a propria immagine e somiglianza. Gli Egizi conservavano le salme immaginando che un giorno le anime ne avrebbero  ripreso possesso riportandole in vita, concetto non molto diverso dall’ibernazione dove il sangue di una persona appena deceduta viene sostituito con l’anticoagulante glicerolo e la salma viene poi portata alla temperatura di 200 gradi sotto zero  nel tentativo di mantenerne  intatti i tessuti biologici per qualche centinaio di anni,  sperando che i posteri siano un giorno in grado di riportare in vita l’individuo rendendolo immortale. Perché si muore? Lasciando da parte le morti violente,  non si è più vivi quando si perde la funzionalità di un organo vitale e l’organismo si avvia al collasso e alla disgregazione. Per ovviare a ciò si utilizzano i trapianti. Si possono senz’altro sostituire ossa, denti, arti, organi, ma nonostante ciò l’organismo continua ad invecchiare, dunque è all’invecchiamento che dobbiamo opporci o almeno rallentare i processi che lo determinano, e comunque i donatori non sono sufficienti per soddisfare tutte le richieste. Esistono poi gli organi artificiali, infatti è possibile produrre in laboratorio porzioni di pelle, sangue, muscoli e tessuto corneale. Nonostante tutti questi progressi non riusciamo ancora ad essere immortali né giovani per sempre. In realtà non sono stati rallentati i ritmi dell’invecchiamento biologico, anche se la maggiore cura di sé fa sembrare i vecchi di oggi più in forma di quelli di ieri: si vive più a lungo soltanto perché si vive meglio. Siamo sicuri che se riuscissimo ad allungare la vita media molto oltre quella attuale saremmo felici, o invece la noia ci distruggerebbe? Il mondo potrebbe supportare l’inevitabile incremento demografico?



martedì 19 giugno 2012

Dal 21 aprile 2012 si può guidare l'auto a 17 anni




In passato non era possibile esercitarsi alla guida per il conseguimento della patente B fino a che non si superava l’esame di teoria con schede a quiz, a meno che si fosse già in possesso di patente A, ma in ogni caso si doveva attendere il compimento dei 18 anni. Da qualche settimana esistono nuove norme al riguardo: è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il regolamento che disciplina la cosiddetta “Guida accompagnata”, secondo il quale i ragazzi già in possesso di patente A valida e non gravata da provvedimenti di revoca o sospensione possono  cominciare ad esercitarsi alla guida di un’auto già a 17 anni purché alla presenza di un accompagnatore di età non superiore a 60 anni che abbia conseguito la patente B da almeno 10 anni. Anche l’accompagnatore deve avere la patente in regola e scevra da provvedimenti di sospensione negli ultimi 5 anni.
L’iter da seguire è però un po’ complesso: l’aspirante automobilista minorenne deve presentare agli uffici della Motorizzazione civile competente per territorio una richiesta per l’autorizzazione alla Guida accompagnata firmata da un genitore. L’ufficio rilascia una ricevuta che consente al minore di iscriversi ad un corso di formazione propedeutico alla guida presso le autoscuole della durata di 10 lezioni individuali, obbligatorio prima dell’inizio delle esercitazioni. Al termine del corso l’autoscuola consegna al minore un attestato di frequenza che va presentato alla Motorizzazione per avere finalmente l’autorizzazione alla Guida accompagnata (vanno designati fino a 3 accompagnatori). Una volta compiuti i 18 anni bisogna comunque richiedere il foglio rosa.
L’auto utilizzata per le esercitazioni deve avere rapporto potenza/peso non superiore a 55kW/t e potenza non superiore a 70 kW, la stessa richiesta per i neopatentati. La vettura deve essere munita sia nella parte anteriore  sia in quella posteriore di  contrassegni con impresse le lettere “GA” di colore nero su fondo giallo (acquistabili nei negozi che vendono accessori per le auto), di dimensioni 30x30 sul posteriore e 12x15 sull’anteriore. I limiti di velocità sono gli stessi a cui devono attenersi  i neopatentati e non si possono trasportare passeggeri. L’autorizzazione può essere revocata in caso di violazioni del Codice della Strada sia con l’auto con cui ci si esercita sia alla guida di una moto.

Il costo delle lezioni di guida presso le autoscuole si aggira sui 25 Euro all’ora.

Francesca Paolillo

martedì 29 maggio 2012

Recensione del romanzo "Fai bei sogni"



Il piccolo Massimo perde la madre a soli nove anni. Come spesso accade,  tutti gli adulti che gli stanno intorno nell’intenzione di proteggerlo da un dolore troppo grande  ed anche per codardia non gli comunicano  la verità sulle modalità di quella morte, anzi, per un certo tempo addirittura non gli rivelano nemmeno che lei non c’è più. Massimo colpevolizza la madre, ritenendo che se lo avesse amato davvero non se ne sarebbe andata nonostante fosse stata colpita dal “Brutto Male”, e colpevolizza se stesso per non essere riuscito a farsi amare abbastanza. Cresce in un ambiente esclusivamente maschile e anaffettivo, con un incolmabile senso di abbandono che gli crea problemi anche nei rapporti con le donne, finché incontra quella giusta, Elisa. Il mistero riguardante la morte di sua madre gli verrà svelato solo dopo quarant’anni, dandogli la consapevolezza di avere rifiutato per anni e anni una verità che aveva già  intuito per non soffrire. Massimo  si rende finalmente conto dell’amore che suo padre aveva provato nel proprio intimo senza riuscire ad esternarlo e immedesimandosi nella profonda sofferenza della madre che in realtà non aveva rifiutato Massimo ma la vita, riesce finalmente a perdonare, liberandosi di quella parte di sé che non era riuscita a crescere e immergendosi nel tanto temuto dolore ne esce finalmente uomo.
L’Autore Massimo Gramellini in questa storia dagli evidenti riferimenti autobiografici si esprime in una scrittura molto scorrevole, riuscendo a comunicare perfettamente al lettore la sua commozione nel ricordare la madre che lo ha lasciato davvero troppo presto.

Francesca Paolillo


sabato 19 maggio 2012

Liberiamoci da tutte le dipendenze!


Non ci sono solo la tossicodipendenza e l’abuso di alcool, ma esistono anche tante altre  dipendenze pronte a sottrarci autonomia e libertà  e  spesso ad alleggerirci il conto in banca fino ad indebitare noi e i nostri familiari. C’è la sindrome da acquisto compulsivo (oniomania) che ci spinge a comprare in maniera irrefrenabile, la quale comprende anche il trading online e le aste in televisione. Ci sono poi il sesso virtuale, il gioco d’azzardo, la dipendenza da un genitore o dal partner, dai farmaci, dal cibo (anoressia e bulimia) o dal tabacco…
Per fortuna dal 1990 esiste un servizio offerto dal Servizio Sanitario Nazionale con lo scopo di curare e prevenire tutte le dipendenze e riabilitare le persone che di conseguenza abbiano contratto patologie psicologiche o fisiche, coadiuvando  anche i loro familiari; si contano più di 500 centri di Servizi per le Tossicodipendenze (SERT), presenti in tutte le nostre regioni. Tali servizi non sono a pagamento, non è richiesta l’impegnativa del medico curante e vengono garantiti l’anonimato ed il segreto professionale. In organico ci sono le seguenti figure: medici, psicologi, sociologi, assistenti sociali, educatori ed infermieri.
Anche stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio italiano possono accedervi, anche se minorenni o provvisti di tesserino STP ma non in regola con le norme di ingresso e soggiorno.
I pazienti vengono seguiti nel tempo per valutare l’andamento e i risultati del trattamento e dove è possibile vengono anche reinseriti socialmente.

Francesca Paolillo

venerdì 11 maggio 2012

Come si fa a pubblicare un romanzo







Se abbiamo appena finito di scrivere un romanzo, è naturale che non ci basti conservarlo in una cartelletta sotto forma di dattiloscritto: vorremmo senz’altro vederlo troneggiare in bella vista nella vetrina di una libreria. Gli editori a cui potremmo rivolgerci  in Italia sono centinaia. A quali di essi conviene inviare la nostra opera inedita? Guardiamo tra i libri che abbiamo in casa quali editori hanno pubblicato i nostri romanzi preferiti e visitiamo i loro Siti Web, nei quali possiamo trovare molte informazioni riguardanti gli scrittori emergenti. Un buon metodo potrebbe essere quello di inviare ogni mese due copie del romanzo, una ad una casa editrice dal grande fatturato e una ad un piccolo editore, tenendo d’occhio anche i concorsi per romanzi inediti di autori emergenti.  Una volta trascorso un anno il riscontro sarà più o meno il seguente: circa la metà degli editori non ci avrà neanche risposto (ma non perdiamoci d’animo: qualcuno si fa vivo anche dopo più di un anno dal ricevimento del dattiloscritto), un quarto ci avrà risposto con parole gentili che al momento non è interessato e i rimanenti ci avranno risposto che la nostra opera è interessante e che per pubblicarla l’Autore deve contribuire economicamente. A questo punto a noi la scelta: pubblicare ad ogni costo o continuare ad inviare il nostro romanzo ad altri editori finché qualcuno crederà in noi? Se siamo sicuri che la nostra opera sia di valore non arrendiamoci mai, anzi continuiamo a scrivere ed inviare altre storie, fiduciosi che prima o poi un editore lungimirante saprà apprezzarci.

 

sabato 28 aprile 2012

Recensione del romanzo "Galeotto fu il collier"



Andrea Vitali si esprime anche in questo romanzo nel suo consueto linguaggio marcatamente lombardo, conferendo ai personaggi un innegabile verismo. La storia si svolge nel ventennio fascista a Bellano, ridente cittadina che si protende sulla riva orientale del lago di Como, della quale l’Autore che ivi è nato conosce bene cronache e  racconti popolari, infatti egli stesso afferma:  “Ho cominciato a rubare storie per restituirle su carta”.

Il protagonista Lidio, neodiplomato figlio unico di una madre vedova molto dispotica e assillante, diventa uomo all’improvviso grazie ad una appassionata avventura con la svizzera disinibita Helga che trascorre a Bellano le vacanze estive. La consapevolezza di poterla sposare solo se ricco lo stimola ad ingegnarsi per raggiungere lo scopo di avere la bella ragazza tutta per sé, e ad un certo punto anche la fortuna sembra essere dalla sua parte, ma in una cittadina di provincia dove è impossibile che un segreto si mantenga tale sono diversi i personaggi che tentano di intralciare i suoi progetti misteriosi.  Tra le pagine di questo esilarante  romanzo in certi punti  un po’ pruriginoso e consigliabile ad un pubblico adulto, ritroviamo alcuni personaggi tipici della commedia dell’arte:  il dottore, il prevosto, il carabiniere, il farmacista, e donne molto belle o talmente brutte “da far venire il mal di pancia”, i quali si muovono perfettamente a proprio agio nella storia che è ben costruita soprattutto nei dialoghi e cattura l’attenzione del lettore dalla prima all’ultima pagina.

Francesca Paolillo

sabato 21 aprile 2012

Anche dai momenti di crisi può scaturire qualcosa di positivo

In questo periodo così difficile per il nostro paese non stiamo sempre a lamentarci del fatto che siamo diventati tutti più poveri, ma riappropriamoci di passatempi spensierati all'aria aperta, riprendiamo a coltivare hobbies vicini alla nostra vera natura che avevamo accantonato per dedicarci solo al lavoro: da queste attività potrebbero anche scaturire nuove professioni meno stressanti di quelle attuali e nuovi guadagni. Sfruttiamo questo momento per donare più libertà al nostro Io più profondo!

domenica 15 aprile 2012

Chi trova un amico trova un tesoro






                                   Qui sono ad Albogno con le mie amiche Isabella ed Anna

INCONTRO

Da:http://www.sololibri.net/Incontro-Firenze-amare-perdersi.html

Una bella foto simbolica del Ponte Vecchio in controluce appare sulla copertina del primo libro di Francesca Paolillo intitolato “Incontro”, sottotitolo “Firenze. Amare, perdersi, ritrovarsi”. Edito per i tipi de L’autore Libri Firenze, parla di una storia d’amore che mette in evidenza un punto di vista femminile che è rarissimo trovare nella nostra letteratura.

E’ la storia di due solitudini che si incontrano a Firenze, un luogo bello ma dove è facile essere soli se non si è inseriti nei giri giusti. Una bella cartolina di Firenze, un amore da "tempo delle mele" con protagonisti due adolescenti soli, Carlo e Alice. Lui appena uscito di collegio, ha perso la madre, il padre assente. Lei vittima delle convenzioni di una famiglia borghese. Le lettere che si scambiano,e le poesie, riportate integralmente,la storia della perdita di una verginità ci riportano agli anni ‘70 visti con occhi diversi dai soliti “anni di piombo”. Un tempo mitico in cui ,nonostante la politicizzazione totale, c’era ancora spazio per un amore puro come quelli cantati in quegli anni da Lucio Battisti. Non mancano un viaggio on the road ,colpi di scena, un amore che resiste alla lontananza del militare, la fuga dalla caserma per riabbracciare l’amata. Poi il matrimonio a Roma con Lorenzo e l’assenza. Come tutti i grandi amori, anche questo non finisce mai e culmina nel tradimento fiorentino. L’epilogo ritrova i due quaranta anni dopo. in un iniziatico viaggio di nozze in Africa che termina in un misterioso rapimento e poi via verso il finale a sorpresa. il racconto contiene in nuge almeno quattro romanzi: quello dell’amore giovanile, quello dell’amore coniugale, quello della maturità femminile e quello della gioventù difficile di Carlo.

Una trama da cui un buon sceneggiatore potrebbe ricavare una bella soap opera italiana in giro per le città d’arte Venezia, Firenze, Roma e da cui un francese dell’800 avrebbe realizzato un feuiletton da 800 pagine. Un racconto che aspira a diventare romanzo rosa rilanciando Firenze come città romantica per eccellenza. Ci voleva dopo gli anni tragici dell’amore malato e sanguinario, gli anni del mostro.

di Luca Tognaccini - 19-01-2011



Ritorno all'altopiano


Dondolata dal turchino vagone della ottuagenaria ferrovia vigezzina contemplo nostalgica ciò che resta di remote usanze contadine: reconditi lavatoi in disuso, bassi muretti a secco, nude baite diroccate… Non può il clangore dello scartamento ridotto distogliermi dall’ammirare le pareti strapiombanti sul Melezzo né dall’aspirare la rustica fragranza del fieno tagliato da poco o dell’umido sottobosco rigoglioso di funghi. Ed ecco all’improvviso aprirsi dinanzi a me l’ampia valle verdeggiante sulla quale pigre nubi cumuliformi si muovono lente verso il Gridone argentato.Ora vetuste dimore dalle tinte multicolori, ora chiese dai campanili svettanti con i loro scampanii profondi,ora assolati pascoli romiti. Infine giungo alla meta appagata nei sensi e nell’attimo stesso in cui le mie estremità lambiscono il suolo agognato da tempo, io penso: è qui che voglio restare.

Francesca Paolillo