giovedì 5 maggio 2016

Un’ottima interpretazione di Matthew McConaughey: “La foresta dei sogni”



È già difficile giungere alla decisione di suicidarsi e stabilire in quale modo attuare tale gesto è davvero problematico, ma oggi anche i motori di ricerca del computer possono aiutare nella scelta. Esiste in Giappone una foresta denominata Aokigahara nella quale decine di persone all’anno si inoltrano con l’unico scopo di suicidarsi, per lo più utilizzando l’impiccagione o l’overdose di farmaci.

Nel film La foresta dei sogni (The sea of trees) diretto da Gus Van Sant, il professore di fisica Arthur Brennan (interpretato dal talentuoso attore statunitense Matthew McConaughey) vede interrompere la sua tranquilla esistenza piccolo-borghese a causa di  un grave lutto. Disperato e ormai incapace di amare la vita, il professore dopo una ricerca al computer decide di acquistare un biglietto di sola andata per il Giappone portandosi dietro soltanto una busta e un flacone di pillole.

La foresta dei sogni  giapponese è più vasta e intricata del previsto, ma Arthur vi si inoltra ugualmente, pensando di non avere alternative. Nel momento in cui si accinge ad ingoiare le pillole per porre fine alla sua esistenza, però, il protagonista della storia viene distolto dal suo intento a causa della presenza a due passi da lui di un altro essere disperato: il giapponese Takumi Nakamura (interpretato da Ken Watanabe) intenzionato a tagliarsi le vene per un disonore in ambito lavorativo.

Forse l’intento di togliersi la vita non era abbastanza forte in ambedue gli uomini: Arthur decide di soprassedere dal tentativo di suicidio per aiutare il disorientato e ferito Takumi a ritrovare l’uscita dalla foresta, ma il destino ostacola il rientro dei due uomini nelle loro esistenze e fa vivere loro in quell’ambiente oscuro esperienze di vero dolore e disperazione. Arthur durante l’impervio cammino in questo  luogo misterioso e spirituale comprende che è stato il senso di colpa a portarlo fino al desiderio di autodistruzione e la condivisione di questa avventura con Takumi gli fa ritrovare alfine la voglia di vivere e di amare.

Questo film intimistico e spirituale non è magistrale, tra eccessi di flashback e piccole incongruenze della storia, ma è in grado di stimolare lo spettatore a meditare sulla deriva dell’uomo quando si sente abbandonato a se stesso e su come ognuno di noi affronti il dolore in maniera differente a seconda di quanto sia in grado di affrontare i propri spettri interiori.

In questa foresta-purgatorio, luogo misterioso abitato da spiriti, tra immagini di cadaveri, scheletri, messaggi di addio, diari e fotografie dei defunti, dove niente è come sembra, qualcuno riesce a portare fino in fondo il proprio progetto suicidario, ma qualcun altro immergendosi nella fitta cortina di alberi riesce a scavare dentro se stesso e a trovare quella luce che aveva perduto, desiderando nuovamente la vita con tutti i suoi affanni, in una sorta di rinascita.