È già difficile giungere alla decisione di suicidarsi e
stabilire in quale modo attuare tale gesto è davvero problematico, ma oggi
anche i motori di ricerca del computer possono aiutare nella scelta. Esiste in Giappone una foresta denominata Aokigahara nella quale decine di
persone all’anno si inoltrano con l’unico scopo di suicidarsi, per lo più
utilizzando l’impiccagione o l’overdose di farmaci.
Nel film La foresta dei sogni (The sea of trees) diretto da Gus Van Sant, il professore di fisica Arthur Brennan (interpretato dal
talentuoso attore statunitense Matthew
McConaughey) vede interrompere la sua tranquilla esistenza piccolo-borghese
a causa di un grave lutto. Disperato e
ormai incapace di amare la vita, il professore dopo una ricerca al computer decide
di acquistare un biglietto di sola andata per il Giappone portandosi dietro soltanto una busta e un flacone di
pillole.
La foresta dei sogni giapponese è più vasta e intricata del
previsto, ma Arthur vi si inoltra
ugualmente, pensando di non avere alternative. Nel momento in cui si accinge ad
ingoiare le pillole per porre fine alla sua esistenza, però, il protagonista
della storia viene distolto dal suo intento a causa della presenza a due passi
da lui di un altro essere disperato: il giapponese Takumi Nakamura (interpretato da Ken Watanabe) intenzionato a tagliarsi le vene per un disonore in
ambito lavorativo.
Forse l’intento di togliersi la vita non era abbastanza forte in
ambedue gli uomini: Arthur decide di
soprassedere dal tentativo di suicidio per aiutare il disorientato e ferito Takumi a ritrovare l’uscita dalla foresta,
ma il destino ostacola il rientro dei due uomini nelle loro esistenze e fa vivere loro
in quell’ambiente oscuro esperienze di vero dolore e disperazione. Arthur durante l’impervio cammino in questo luogo misterioso e spirituale comprende che è
stato il senso di colpa a portarlo fino al desiderio di autodistruzione e la
condivisione di questa avventura con Takumi
gli fa ritrovare alfine la voglia di vivere e di amare.
Questo film intimistico e spirituale non è magistrale, tra
eccessi di flashback e piccole incongruenze della storia, ma è in grado di stimolare
lo spettatore a meditare sulla deriva dell’uomo quando si sente abbandonato a
se stesso e su come ognuno di noi affronti il dolore in maniera differente a
seconda di quanto sia in grado di affrontare i propri spettri interiori.
In questa foresta-purgatorio, luogo misterioso abitato da
spiriti, tra immagini di cadaveri, scheletri, messaggi di addio, diari e
fotografie dei defunti, dove niente è come sembra, qualcuno riesce a portare
fino in fondo il proprio progetto suicidario, ma qualcun altro immergendosi nella
fitta cortina di alberi riesce a scavare dentro se stesso e a trovare quella
luce che aveva perduto, desiderando nuovamente la vita con tutti i suoi affanni,
in una sorta di rinascita.