sabato 25 novembre 2017

Recensione del romanzo “Lacci” di Domenico Starnone


Il romanzo Lacci di Domenico Starnone racconta lo sfacelo e l’ipocrisia di una famiglia italiana medio borghese alla quale apparentemente non manca nulla, ma a cui basta poco per autodistruggersi.

Il romanzo narra la storia di Vanda e Aldo, sposatisi molto giovani negli anni Settanta alla ricerca dell’indipendenza dalle famiglie di origine, che con il passare degli anni evolvendo ciascuno in direzione diversa si allontanano sempre più l’uno dall’altro.

Nei primi anni di matrimonio nascono due figli, Sandro e Anna, e il noioso tran tran quotidiano ad un certo punto mette in crisi Aldo, il quale sentendosi troppo costretto e soffocato nei lacci familiari va alla ricerca di una nuova autonomia, finendo per invaghirsi di una sua studentessa, bella, frizzante e piena di vita.

Una volta che Aldo dopo avere confessato il tradimento a Vanda se ne è andato di casa trasferendosi da Napoli a Roma, è lei ad entrare in crisi fino a rendere la vita dei figli  un vero inferno a causa della sua nevrastenia. Per punire il marito, gli scrive numerose lettere dai toni rabbiosi e minacciosi, cercando di farlo sentire in colpa soprattutto per il  fatto di aver voluto inseguire la felicità.

I lacci invisibili che legano i due coniugi dopo qualche anno fanno ritornare Aldo a casa ma nulla è più come prima. Lui resterà in famiglia fino alla fine dei suoi giorni ma ridotto ad un essere triste e fragile, continuamente vessato dall’aggressività della moglie, sempre più consumata anche nel fisico dalla rabbia e dal dolore.

La famiglia farà i conti alla fine, quando i due coniugi ormai quasi ottantenni, dopo essersi torturati a vicenda per una vita intera,  tornando a casa da una vacanza al mare trovano l'alloggio svaligiato e distrutto.  In questa occasione saranno i figli ormai adulti, ma ancora irrisolti a causa della sofferenze subìte  nell’infanzia, a svelare il mistero della casa devastata e anche del gatto di casa scomparso.

Il romanzo Lacci racconta la disgregazione a cui va soggetta la famiglia se non ha basi più che solide, tra sensi di colpa, rancori, rimpianti e anche tanta ipocrisia. L’autore napoletano Domenico Starnone, insegnante e sceneggiatore oltre che scrittore assai apprezzato anche all’estero, racconta in maniera a tratti anche tragicomica una storia che pur non avendo un grande intreccio riesce ugualmente ad emozionare ed avvincere il lettore.




Francesca Paolillo



martedì 7 novembre 2017

I Macchiaioli esposti a Milano


I Macchiaioli erano giovani pittori in conflitto con la pittura accademica, nonché patrioti votati alla causa risorgimentale,  i quali a metà Ottocento  decisero di eleggere il caffè Michelangiolo a Firenze come loro quartier generale. Il movimento, che ispirò anche l’Impressionismo francese,  fu fondamentale per la nascita della pittura moderna in Italia.

L’epiteto Macchiaioli venne loro conferito nel 1861 da alcuni pittori accademici in occasione della mostra Promotrice fiorentina e venne divulgato dal quotidiano  Gazzetta del popolo.

La mostra I Macchiaioli – Capolavori delle collezioni lombarde si trova presso il centro studi per l’arte GamManzoni in via Manzoni  45 a Milano e chiuderà i battenti il 25 febbraio 2018. Nelle due sale del centro si trovano esposti 35 capolavori ad opera di  artisti di grande talento quali Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Giuseppe Abbati, Nino Costa e Odoardo Borrani.

Le opere, prese in prestito da collezionisti privati lombardi, sono state  realizzate con la tecnica a macchie di colore dagli accesi contrasti tra luci ed ombre e raffigurano principalmente paesaggi  e vita quotidiana della borghesia fiorentina del tempo, esprimendo un linguaggio espressivo inedito.

Questi artisti, che si sentivano liberi di rendere con immediatezza verista ciò che i loro occhi vedevano ed erano molto ben distinguibili l’uno dall’altro per caratteristiche personali,  si dimostrarono molto preparati tecnicamente ma restarono incompresi dalla cultura ufficiale del loro tempo e vennero rivalutati solo più tardi.



giovedì 2 novembre 2017

Un thriller di piacevole lettura: “La maledizione del corvo nero” di Ann Cleeves



La maledizione del corvo nero è impostato come i più classici thriller: in seguito al rinvenimento di un cadavere si scandaglia la vita dei personaggi che vi ruotano attorno, in modo che il lettore si senta parte attiva nell’investigazione.

La storia inizia una gelida sera di Capodanno dall’incontro su un’isola delle Shetland fra due belle ragazze un po’ alticce e l’anziano Magnus Tait, sospettato anni prima dell’assassinio di una bambina, di cui però non si è mai trovato il corpo.

Dopo qualche giorno una vicina di casa rinviene il cadavere di una delle due ragazze riverso nella neve  e  Magnus Tait, anche  a causa del suo quoziente di intelligenza leggermente sotto la media e alla vita appartata che conduce con unico compagno un corvo nero rinchiuso in un gabbia, viene sospettato dai paesani anche per questo crimine.

Sarà il detective Jimmy Perez, dopo il rinvenimento di un secondo cadavere e la sparizione di un’altra bambina, non senza difficoltà in un ambiente così ristretto e omertoso, a sciogliere alfine l’enigma di non facile soluzione.  


La comunità isolana in cui si dipana questo romanzo, con i suoi segreti, invidie e rancori riflette perfettamente quanto, in un ambiente ristretto, chi non si uniforma agli altri divenga facilmente oggetto di un continuo sospetto capace di far crollare anche le personalità  più forti.