martedì 1 agosto 2017

Recensione del romanzo “La lucina” di Antonio Moresco


A chi non è capitato almeno una volta nella vita di volersi isolare dal mondo esterno,  da tutto ciò che si crede faccia soffrire, cercando di ignorare che l’infelicità in realtà ha origine nel nostro mondo interiore? Pochi invero hanno il coraggio di farlo davvero perché la solitudine può incutere anche  più paura della quotidiana vita frenetica.

Il protagonista del romanzo La lucina ad opera dello scrittore mantovano  Antonio Moresco non ha un nome né un’identità. Ha deciso di vivere in solitudine e povertà, isolandosi in un borgo di montagna  immerso nella natura, completamente abbandonato. Nel buio della notte, però, qualcosa di estremamente vivo attrae la sua attenzione: una lucina  che proviene dal bosco del crinale di fronte. Il desiderio di scoprirne l’origine lo porta a scendere in paese, interrogare le persone e persino incontrare un  ufologo.

Il protagonista della storia, spinto dalla curiosità, si risolve a prendere l’auto per poi  addentrarsi in un sentiero impervio, fino a riuscire a svelare almeno in parte l’enigma. Ciò che trova l’uomo, inaspettatamente, è un misterioso bambino che proviene dall’aldilà, in quanto morto suicida. A questo punto il lettore, quando è ormai totalmente immerso nella storia e non vorrebbe staccarsene più, viene brutalmente sorpreso da un finale decisamente  inaspettato.

La lucina racconta una storia terribile ma in maniera lieve, sotto forma di fiaba, che fa riflettere sul senso dell’esistenza, sul confine tra la vita e la morte, a volte troppo stretto e facilmente valicabile.




Francesca Paolillo