A chi non è capitato almeno una
volta nella vita di volersi isolare dal mondo esterno, da tutto ciò che si crede faccia soffrire,
cercando di ignorare che l’infelicità in realtà ha origine nel nostro mondo
interiore? Pochi invero hanno il coraggio di farlo davvero perché la solitudine può incutere anche più paura della quotidiana vita frenetica.
Il protagonista del romanzo La
lucina ad opera dello scrittore mantovano Antonio
Moresco non ha un nome né un’identità. Ha deciso di vivere in solitudine e
povertà, isolandosi in un borgo di montagna immerso nella natura, completamente
abbandonato. Nel buio della notte, però, qualcosa di estremamente vivo attrae
la sua attenzione: una lucina che proviene dal bosco del crinale di fronte.
Il desiderio di scoprirne l’origine lo porta a scendere in paese, interrogare
le persone e persino incontrare un ufologo.
Il protagonista della storia,
spinto dalla curiosità, si risolve a prendere l’auto per poi addentrarsi in un sentiero impervio, fino a riuscire
a svelare almeno in parte l’enigma. Ciò che trova l’uomo, inaspettatamente, è
un misterioso bambino che proviene
dall’aldilà, in quanto morto suicida. A questo punto il lettore, quando è ormai totalmente
immerso nella storia e non vorrebbe staccarsene più, viene brutalmente
sorpreso da un finale decisamente inaspettato.
La lucina racconta una storia
terribile ma in maniera lieve, sotto forma di fiaba, che fa riflettere sul
senso dell’esistenza, sul confine tra la vita e la morte, a volte troppo
stretto e facilmente valicabile.
Francesca Paolillo