sabato 30 dicembre 2017

Uno dei romanzi più poetici di Alessandro Baricco: “Oceano mare”


Per ognuno di noi il destino può essere predeterminato fin dalla nascita e i nostri incontri non sono quasi mai casuali, però esiste anche il libero arbitrio e sta a noi decidere quanto vogliamo essere felici. Il romanzo Oceano mare, ad opera dello scrittore, critico musicale e conduttore televisivo torinese Alessandro Baricco, descrive l’intreccio delle vite di alcuni bizzarri personaggi che hanno in comune la ricerca di se stessi ai bordi di un oceano immaginario.

Il teatro degli incontri è la locanda Almayer situata a due passi da un mare magico e terribile. Gestito da alcuni bambini che sanno leggere nell’anima delle persone e dare risposte,  l’albergo dispone di sette stanze nelle quali alloggiano: lo scienziato Bartleboom che, impegnato a redigere un’enciclopedia sui limiti delle cose, cerca di stabilire dove finisca il mare e scrive ogni giorno lettere d’amore a una donna immaginaria, il pittore Plasson che dipinge con acqua di mare tele che rimangono sempre di colore bianco, la bella adultera madame Deverià mandata in esilio dal marito, la quindicenne Elisewin malata di una paura esagerata, accompagnata da padre Pluche, un prelato dubbioso sulla propria vocazione che inventa strane preghiere, il marinaio Adams assetato di vendetta per l’assassinio della sua fidanzata e il medico Savigny. Questi ultimi si sono appena salvati da un terribile naufragio.

Nel corso della storia si scopre il destino di tutti i personaggi, ad esempio che il dottor Savigny è l’amante di madame Deverià, nonché l’assassino della fidanzata di Adams, e che Elisewin  guarirà grazie all’amore.  Tutti i personaggi dopo il soggiorno alla locanda si scopriranno più consapevoli di sé e il magico albergo una volta assolto il proprio compito si dissolverà nel nulla.

Oceano mare non ha una vera e propria trama, ma  si può certamente definire un romanzo per il sapiente intreccio di storie parallele e per i numerosi colpi di scena. Nel libro vengono affrontati, con l’utilizzo di una scrittura pulita e lineare, temi quali: amore, morte, vendetta e amicizia,  in un clima surreale al quale il mare fa da sfondo.  Alessandro Baricco ancora una volta con la sua sottile ironia e con il sapiente utilizzo di simboli e metafore ci mostra la capacità dell’uomo di perdersi o salvarsi, persino da un terribile destino.



Francesca Paolillo


sabato 25 novembre 2017

Recensione del romanzo “Lacci” di Domenico Starnone


Il romanzo Lacci di Domenico Starnone racconta lo sfacelo e l’ipocrisia di una famiglia italiana medio borghese alla quale apparentemente non manca nulla, ma a cui basta poco per autodistruggersi.

Il romanzo narra la storia di Vanda e Aldo, sposatisi molto giovani negli anni Settanta alla ricerca dell’indipendenza dalle famiglie di origine, che con il passare degli anni evolvendo ciascuno in direzione diversa si allontanano sempre più l’uno dall’altro.

Nei primi anni di matrimonio nascono due figli, Sandro e Anna, e il noioso tran tran quotidiano ad un certo punto mette in crisi Aldo, il quale sentendosi troppo costretto e soffocato nei lacci familiari va alla ricerca di una nuova autonomia, finendo per invaghirsi di una sua studentessa, bella, frizzante e piena di vita.

Una volta che Aldo dopo avere confessato il tradimento a Vanda se ne è andato di casa trasferendosi da Napoli a Roma, è lei ad entrare in crisi fino a rendere la vita dei figli  un vero inferno a causa della sua nevrastenia. Per punire il marito, gli scrive numerose lettere dai toni rabbiosi e minacciosi, cercando di farlo sentire in colpa soprattutto per il  fatto di aver voluto inseguire la felicità.

I lacci invisibili che legano i due coniugi dopo qualche anno fanno ritornare Aldo a casa ma nulla è più come prima. Lui resterà in famiglia fino alla fine dei suoi giorni ma ridotto ad un essere triste e fragile, continuamente vessato dall’aggressività della moglie, sempre più consumata anche nel fisico dalla rabbia e dal dolore.

La famiglia farà i conti alla fine, quando i due coniugi ormai quasi ottantenni, dopo essersi torturati a vicenda per una vita intera,  tornando a casa da una vacanza al mare trovano l'alloggio svaligiato e distrutto.  In questa occasione saranno i figli ormai adulti, ma ancora irrisolti a causa della sofferenze subìte  nell’infanzia, a svelare il mistero della casa devastata e anche del gatto di casa scomparso.

Il romanzo Lacci racconta la disgregazione a cui va soggetta la famiglia se non ha basi più che solide, tra sensi di colpa, rancori, rimpianti e anche tanta ipocrisia. L’autore napoletano Domenico Starnone, insegnante e sceneggiatore oltre che scrittore assai apprezzato anche all’estero, racconta in maniera a tratti anche tragicomica una storia che pur non avendo un grande intreccio riesce ugualmente ad emozionare ed avvincere il lettore.




Francesca Paolillo



martedì 7 novembre 2017

I Macchiaioli esposti a Milano


I Macchiaioli erano giovani pittori in conflitto con la pittura accademica, nonché patrioti votati alla causa risorgimentale,  i quali a metà Ottocento  decisero di eleggere il caffè Michelangiolo a Firenze come loro quartier generale. Il movimento, che ispirò anche l’Impressionismo francese,  fu fondamentale per la nascita della pittura moderna in Italia.

L’epiteto Macchiaioli venne loro conferito nel 1861 da alcuni pittori accademici in occasione della mostra Promotrice fiorentina e venne divulgato dal quotidiano  Gazzetta del popolo.

La mostra I Macchiaioli – Capolavori delle collezioni lombarde si trova presso il centro studi per l’arte GamManzoni in via Manzoni  45 a Milano e chiuderà i battenti il 25 febbraio 2018. Nelle due sale del centro si trovano esposti 35 capolavori ad opera di  artisti di grande talento quali Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Giuseppe Abbati, Nino Costa e Odoardo Borrani.

Le opere, prese in prestito da collezionisti privati lombardi, sono state  realizzate con la tecnica a macchie di colore dagli accesi contrasti tra luci ed ombre e raffigurano principalmente paesaggi  e vita quotidiana della borghesia fiorentina del tempo, esprimendo un linguaggio espressivo inedito.

Questi artisti, che si sentivano liberi di rendere con immediatezza verista ciò che i loro occhi vedevano ed erano molto ben distinguibili l’uno dall’altro per caratteristiche personali,  si dimostrarono molto preparati tecnicamente ma restarono incompresi dalla cultura ufficiale del loro tempo e vennero rivalutati solo più tardi.



giovedì 2 novembre 2017

Un thriller di piacevole lettura: “La maledizione del corvo nero” di Ann Cleeves



La maledizione del corvo nero è impostato come i più classici thriller: in seguito al rinvenimento di un cadavere si scandaglia la vita dei personaggi che vi ruotano attorno, in modo che il lettore si senta parte attiva nell’investigazione.

La storia inizia una gelida sera di Capodanno dall’incontro su un’isola delle Shetland fra due belle ragazze un po’ alticce e l’anziano Magnus Tait, sospettato anni prima dell’assassinio di una bambina, di cui però non si è mai trovato il corpo.

Dopo qualche giorno una vicina di casa rinviene il cadavere di una delle due ragazze riverso nella neve  e  Magnus Tait, anche  a causa del suo quoziente di intelligenza leggermente sotto la media e alla vita appartata che conduce con unico compagno un corvo nero rinchiuso in un gabbia, viene sospettato dai paesani anche per questo crimine.

Sarà il detective Jimmy Perez, dopo il rinvenimento di un secondo cadavere e la sparizione di un’altra bambina, non senza difficoltà in un ambiente così ristretto e omertoso, a sciogliere alfine l’enigma di non facile soluzione.  


La comunità isolana in cui si dipana questo romanzo, con i suoi segreti, invidie e rancori riflette perfettamente quanto, in un ambiente ristretto, chi non si uniforma agli altri divenga facilmente oggetto di un continuo sospetto capace di far crollare anche le personalità  più forti.



giovedì 26 ottobre 2017

Un thriller piacevole: “L’uomo di neve” con Michael Fassbender


I serial killer sono spesso persone molto intelligenti che mettono a dura prova la capacità dei detective  di incastrarli con prove inconfutabili. Questo accade anche nel thriller L’uomo di neve (titolo originale The snowman), diretto dal regista svedese Tomas Alfredson e prodotto dallo statunitense Martin Scorsese,  tratto liberamente dall’omonimo romanzo di Jo Nesbø e girato con un cast di tutto rispetto.

La storia racconta del ritrovamento a Oslo di cadaveri di donne fatti a pezzi, accanto ai quali compare sempre un pupazzo di neve, quale firma dell'assassino. Le indagini vengono affidate alla bella e giovane recluta Katrine Bratt (interpretata da Rebecca Ferguson), affiancata dal detective Harry Hole (Michael Fassbender), alcolista sul viale del tramonto.

Tra splendidi scenari norvegesi da grande freddo e scene tutto sommato non troppo truculente, la mente acuta di Harry Hole grazie anche ai collegamenti con casi irrisolti accaduti venti anni prima riesce a dipanare la matassa, non senza sofferenza interiore e mettendo seriamente a repentaglio la propria vita. 

In questo film si scava molto nello stato d’animo dei personaggi, tutti intrecciati fra loro in qualche maniera, e si affrontano temi intimistici quali la solitudine, l’abbandono, l’aborto, il suicidio e soprattutto il bisogno di sentirsi utili per risalire la china dopo i fallimenti  della vita. 




Francesca Paolillo

lunedì 16 ottobre 2017

Un’ottima interpretazione di Richard Gere: “L’incredibile vita di Norman”


Esistono persone che dedicano tutta la propria esistenza allo scambio di favori, spesso con l’unico scopo di poter essere invitati nei salotti frequentati da personaggi influenti. L’incredibile vita di Norman (titolo originale Norman: the moderate rise and tragic fall of a New York fixer), diretto dal regista israeliano Joseph Cedar,  si svolge nella trafficata New York, dove  l’uomo di affari di Norman Oppenheimer (Richard Gere) si affanna ogni giorno con l’intento di soddisfare le necessità altrui per ricevere in cambio soprattutto considerazione e ammirazione.

Un giorno Norman riesce ad agganciare il politico israeliano Micha Eshel (interpretato da Lior Ashkenazi) e a regalargli un costoso paio di scarpe, sperando di ricavarne futuri favori. Dopo tre anni effettivamente Micha Eshel diventa primo ministro di Israele e si presenta per Norman l’occasione più grande della sua vita, ma presto il muro di bugie da lui edificato crolla pesantemente e finisce per travolgerlo.

Il misterioso Norman, che nessuno sa nemmeno dove viva, dimostra effettivamente un talento nell’esaudire i desideri di persone influenti per poi creare una catena di favori ma ad un certo punto il gioco gli sfugge di mano. Uomo solo e irrisolto, per sentirsi accettato esagera nel promettere favori a destra e a manca  ed è destinato a cocenti umiliazioni e ad un finale tragico.


Richard Gere, imbruttito in questo film con orecchie  a sventola posticce,  quasi irriconoscibile nell’andatura incerta e trafelata, interpreta benissimo la sofferenza di chi nel favorire gli altri dimentica se stesso, fino ad arrivare a dover interpretare il doloroso ruolo del capro espiatorio. 




Francesca Paolillo

martedì 3 ottobre 2017

Un romanzo breve dall'ironia sottile: “Parola di cadavere” di Andrea Vitali


Andrea Vitali è un medico di Bellano, ridente località affacciata sul lago di Como, che ha saputo fare tesoro dell’attento ascolto di tutto ciò che i suoi pazienti e compaesani gli hanno voluto raccontare nel tempo, non solo in ambulatorio ma anche al bar, per poi scrivere una grande quantità di romanzi ispirati a storie realmente accadute, i quali costituiscono una fonte assai preziosa per tramandare tutti gli aspetti curiosi della vita di provincia.

Parola di cadavere narra di un uomo ingenuo e  introverso di nome Anemio Agrati che per campare trasporta sul battello turisti e compaesani da una sponda all’altra del lago di Como, ma la sua vera bizzarra passione è un’altra: costruire casse da morto. Inquietanti sono anche la bruttissima moglie soprannominata Polifema a causa di un esagerato strabismo e il figlio pallido ed emaciato soprannominato Cadavere.

Il narratore della storia è un compagno di scuola di Cadavere che una volta terminati gli studi va alla ricerca di quel ragazzo pallido e silenzioso e riesce ad  incontrarlo soltanto al cimitero del paese ad ogni ricorrenza dei defunti, senza riuscire ad esaudire del tutto la sua curiosità riguardo a lui e alla sua famiglia.


Parola di cadavere è un romanzo breve delicato e grottesco che racconta con un linguaggio fluido e popolare l’emarginazione subìta da chiunque sia in qualche modo ritenuto dai concittadini un diverso. Questa storia, che non ha nulla di macabro, fa certamente sorridere ma con il suo triste epilogo lascia al lettore anche un certo gusto amaro in bocca.

martedì 5 settembre 2017

Un romanzo molto americano: “Chiedi alla polvere” di John Fante



Può capitare di innamorarsi di una persona affetta da dipendenza patologica. Frequente in questi casi è l’illusione che l’amore possa risolvere tutto, arrogandosi il diritto di guarire la persona amata senza il suo consenso e senza neanche consultare uno specialista del settore. Tutto ciò non può che portare la coppia ad esiti disastrosi.

Chiedi alla polvere (Ask the dust), pubblicato nel 1939 dallo scrittore italoamericano John Fante, racconta la storia palesemente autobiografica del giovane ventenne Arturo Bandini, aspirante scrittore molto sicuro del proprio talento. Dopo la pubblicazione di un racconto di buon livello, il protagonista della storia si trasferisce dal Colorado a Los Angeles nel periodo della Grande depressione, sperando come tanti coetanei di trovarvi fortuna e successo.

Arturo Bandini alloggia in una pensione di basso livello in un contesto multirazziale e le condizioni misere in cui versa fanno affiorare sempre più la sua natura sarcastica e irriverente, finché incontra la sua musa ispiratrice nelle vesti della cameriera messicana Camilla Lopez, che riesce a dare nuovo impulso alla sua scrittura.

I due personaggi intrecciano una tormentata e burrascosa storia d’amore ostacolata da un rivale e dalla dipendenza di Camilla da stupefacenti che termina con un finale tragico.


Il romanzo Chiedilo alla polvere, scritto sotto forma di monologo interiore in uno stile fluido e scorrevole, racconta le aspirazioni tradite, il confronto che tutti noi prima o poi dobbiamo avere con la realtà, la disperazione che può portare un giovane a chiedere alla polvere del deserto quanto abbia senso continuare ad inseguire un sogno se poi non si ha nessuno con cui condividerlo.




Francesca Paolillo

martedì 1 agosto 2017

Recensione del romanzo “La lucina” di Antonio Moresco


A chi non è capitato almeno una volta nella vita di volersi isolare dal mondo esterno,  da tutto ciò che si crede faccia soffrire, cercando di ignorare che l’infelicità in realtà ha origine nel nostro mondo interiore? Pochi invero hanno il coraggio di farlo davvero perché la solitudine può incutere anche  più paura della quotidiana vita frenetica.

Il protagonista del romanzo La lucina ad opera dello scrittore mantovano  Antonio Moresco non ha un nome né un’identità. Ha deciso di vivere in solitudine e povertà, isolandosi in un borgo di montagna  immerso nella natura, completamente abbandonato. Nel buio della notte, però, qualcosa di estremamente vivo attrae la sua attenzione: una lucina  che proviene dal bosco del crinale di fronte. Il desiderio di scoprirne l’origine lo porta a scendere in paese, interrogare le persone e persino incontrare un  ufologo.

Il protagonista della storia, spinto dalla curiosità, si risolve a prendere l’auto per poi  addentrarsi in un sentiero impervio, fino a riuscire a svelare almeno in parte l’enigma. Ciò che trova l’uomo, inaspettatamente, è un misterioso bambino che proviene dall’aldilà, in quanto morto suicida. A questo punto il lettore, quando è ormai totalmente immerso nella storia e non vorrebbe staccarsene più, viene brutalmente sorpreso da un finale decisamente  inaspettato.

La lucina racconta una storia terribile ma in maniera lieve, sotto forma di fiaba, che fa riflettere sul senso dell’esistenza, sul confine tra la vita e la morte, a volte troppo stretto e facilmente valicabile.




Francesca Paolillo

sabato 8 luglio 2017

Un Premio Strega ampiamente meritato: “Le otto montagne” di Paolo Cognetti


Chi è davvero appassionato di lettura sa che i libri che lasciano nel nostro cuore un segno indelebile, anche tra i pluripremiati, sono ben pochi. Le otto montagne ad opera dello scrittore e documentarista milanese Paolo Cognetti non solo commuove, ma invoglia a preparare subito uno zaino per partire alla volta di una cima da scalare, alla ricerca di un luogo in cui sentirsi finalmente in pace con se stessi.

Protagonista del romanzo è Pietro, figlio di una assistente sociale e di un laureato in chimica che dopo essersi conosciuti e innamorati tra le Cime di Lavaredo si sono trasferiti a Milano in cerca di fortuna. Presto la nostalgia per la montagna in cui sono cresciuti e le scarse risorse economiche portano la coppia di genitori a prendere in affitto una casetta dove trascorrere le vacanze estive a Grana, un piccolissimo borgo della Val d’Ayas, ai piedi del Monte Rosa.

Il piccolo Pietro, solitario e un po’ scontroso, durante le vacanze estive impara a poco a poco ad amare la montagna, a riconoscerne gli odori, i rumori, il variare dei colori, dapprima in esplorazioni solitarie e poi con il coetaneo Bruno che a undici anni già deve lasciare la scuola per badare al bestiame. Tra quei monti, tra i giochi infantili nelle case diroccate e lungo il torrente che attraversa il paese, nasce tra i due un’amicizia che durerà tutta la vita, per lo più silenziosa ma davvero profonda e indissolubile.

Presto Pietro viene ammesso dal padre, appassionato di scalate, alle vette più alte e alle ascese ai ghiacciai, una vera sofferenza per lui che oltretutto soffre l’altitudine. Insegnandogli  a sopportare la fatica passo dopo passo il padre gli instilla una forma di educazione alla vita, finché Pietro, dopo avere capito che il suo modo di amare la montagna è diverso da quello del padre, trova il coraggio di rifiutare di accompagnarlo nelle successive ascese, innalzando fra loro un muro di incomprensioni.

Diventando adulto Pietro continua a sentire il richiamo non solo del Monte Rosa ma anche di altre montagne molto più lontane, in un continuo salire e scendere, andare e venire. Dopo che suo padre è morto, l’istinto lo guida a ripercorrere i sentieri da lui battuti negli anni passati e a trovare sulla via indizi disseminati come nella fiaba di Hänsel e Gretel, fino a fargli capire tutto ciò che il genitore a suo tempo aveva cercato di comunicargli, più con l’esempio che con le parole.

In questo romanzo Paolo Cognetti ci mostra, con l’utilizzo sapiente di una scrittura impeccabile, semplice e ben ritmata, una montagna dura e crudele, fatta di pietra e di ghiaccio, che sa farsi amare nonostante la sua brutalità proprio come sa fare una madre severa ma accogliente.





Francesca Paolillo



mercoledì 5 luglio 2017

A proposito di sismicità indotta: “Forte movimento”, romanzo di Jonathan Franzen


L’attività antropica di estrazione o iniezione di liquidi e gas nel sottosuolo può innescare eventi sismici. Sappiamo che i terremoti avvengono quando, lungo fratture della crosta terrestre  denominate faglie, la tensione accumulata da lungo tempo porta la roccia a raggiungere il carico di rottura con un conseguente spostamento improvviso che libera ingente quantità di energia.

L’estrazione o l’iniezione di fluidi nel sottosuolo lungo faglie preesistenti ne altera le condizioni di sforzo e può rendere sismica un’area mai interessata in precedenza da terremoti. Questi eventi indotti negli USA hanno raggiunto persino la magnitudo Richter 6, quindi sono  molto pericolosi soprattutto se si verificano in aree nelle quali le costruzioni non rispondono a criteri antisismici. In Italia a partire dagli anni Sessanta alcune aziende sono state accusate di sismicità indotta, ma gli studi conseguenti non hanno portato a nulla di concreto e tali eventi sono stati alla fine classificati come naturali.

Il romanzo Forte movimento ad opera dello scrittore statunitense Jonathan Franzen racconta gli eventi catastrofici indotti nel 1987 dalla industria chimica Sweeting Aldren Industries di Boston che negli anni Sessanta aveva scavato un pozzo per la ricerca del petrolio, spingendosi oltre i 6 km di profondità. A causa dell’eccesivo costo della gestione di un pozzo così profondo, l’attività estrattiva viene abbandonata ma la cavità continua ad essere utilizzata negli anni successivi come discarica abusiva di rifiuti tossici. L’iniezione di 4 milioni di litri di fluidi all’anno, premendo fortemente sulla roccia circostante, va ad alterarne l’equilibrio e ad un certo punto provoca la famigerata sismicità indotta. Dopo qualche scossa di lieve entità, un grave terremoto distrugge gran parte della città provocando decine di vittime e centinaia di feriti, oltre a fuoriuscite di sostanze tossiche dal sito dell’azienda chimica.

Protagonista del romanzo è il ventitreenne Louis Holland, giovane di buona famiglia che si mantiene da solo lavorando in una stazione radio. Dopo la morte della moglie del nonno materno  durante un terremoto, avvenuta apparentemente per cause naturali, il protagonista della storia incontra casualmente la sismologa trentenne  Renée Seitchek con cui imbastisce una morbosa storia d’amore.
La ragazza indaga sui terremoti indotti e sul passato dell’industria chimica ma quando i suoi studi stanno arrivando ad una svolta si trova ad essere colpita da numerosi colpi di pistola davanti alla porta di casa e le prove da lei raccolte spariscono. Subito dopo il grave terremoto indotto di Boston i dirigenti dell’azienda fuggono dalla città e si rifugiano su un’isola dei Caraibi dalla quale è impossibile l’estradizione verso gli Stati Uniti, restando così impuniti.

Jonathan Franzen in questo giallo ambientalista complesso e articolato critica il modello di vita degli strati più alti della società americana e il cinismo di chi accecato dalla sete di denaro è pronto a sacrificare il bene più prezioso che abbiamo: la nostra terra.




Francesca Paolillo






giovedì 1 giugno 2017

Recensione del romanzo “Il bordo vertiginoso delle cose” di Gianrico Carofiglio


Capita a molti, alle soglie della mezza età, di comprendere l’inutilità del vivere immersi in tediose giornate sempre uguali l’una all’altra. A volte basta poco, una telefonata o un incontro inaspettati, per rituffarci nel passato riassaporando gli stimoli e le emozioni tipiche dell’adolescenza. Il  bordo vertiginoso delle cose ad opera dello scrittore, ex magistrato e parlamentare Gianrico Carofiglio narra del ghost writer quarantottenne divorziato in piena crisi personale e professionale Enrico Vallesi, trasferitosi da Bari a Firenze quasi trent’anni prima.

La trama prende avvio da una notizia di cronaca nera letta da Enrico Vallesi su un quotidiano mentre sta facendo colazione al bar, che riguarda la recente morte violenta di un suo compagno di liceo noto come attivista di sinistra. D’istinto il protagonista della storia si reimmerge nel suo passato, prepara velocemente una valigia e salta sul primo treno per Bari. Il romanzo narra con la tecnica del flashback la sua adolescenza, in realtà non particolarmente felice, di ragazzo poco aperto al mondo esterno, dedito soprattutto a strimpellare la sua chitarra e a redigere brevi testi utilizzando una vecchia macchina per scrivere, ma comunque ricca di forti emozioni.

Come per tutti gli adolescenti, la  vita di Enrico Vallesi ruota attorno al liceo frequentato, con le occupazioni della scuola tipiche degli anni Settanta, la lotta politica a volte sfociante in atti di sconsiderata violenza, la droga e naturalmente l’amore. A Bari lui ritrova prima di tutto il fratello con cui ha sempre avuto poca confidenza che non vedeva da anni e con cui inaspettatamente si accorge di avere molta familiarità.

Tra le lunghe passeggiate per la città vecchia immerso nei ricordi Enrico Vallesi rivede anche  la sua migliore amica dei vecchi tempi e la giovane supplente di filosofia Celeste, bellissima e molto apprezzata dagli alunni grazie al suo metodo di insegnamento assolutamente innovativo, di cui era perdutamente innamorato.

Le riflessioni sul passato rivisto con gli occhi di un adulto permettono al protagonista della storia di perdonare e riscoprire se stesso. Il bordo vertiginoso delle cose è il limite di separazione  tra una vita tranquilla ma priva di stimoli e un’esistenza fondata sul coraggio di mettersi in gioco per guadagnarsi il futuro: spesso vale la pena di affrontare le proprie paure per vedere finalmente realizzata la propria natura.

Gianrico Carofiglio con questo romanzo dalla scrittura semplice e scorrevole ci fa sperare in una possibilità di riscatto per ottenere la quale è però necessario esporsi in prima persona e saltare oltre l’ostacolo dell’autocommiserazione.


mercoledì 24 maggio 2017

Come si fa a vendere su eBay



Avete armadi e ripostigli zeppi di oggetti che non usate da molto tempo? Sappiate che probabilmente a qualcuno la vostra merce potrebbe interessare e potreste liberarvi facilmente dall’ingombro. La soluzione migliore per disfarsi dell’usato è di inserire inserzioni sulla piattaforma web  eBay, nata nel 1995 e attiva in Italia dal 2001.

Il primo passo da fare per vendere è registrarsi sul sito e poi fotografare gli oggetti a cui volete regalare nuova vita. Mentre li fotografate esaminateli accuratamente e annotatevi su un foglio ogni particolare o difetto che riscontrate. Potete fotografarli con il cellulare e poi una volta acceso il computer scaricare le foto sul desktop o in una apposita cartella. 

Prima di trasformarvi in venditori leggete il regolamento di eBay (ad esempio non si possono mettere in vendita armi o animali). Per inserire l’inserzione nel sito, cliccate in alto a sinistra su “Vendi” e compilate accuratamente la scheda che apparirà sul vostro schermo. Pensate a un titolo accattivante e inserite molte foto e descrizioni. Potete scegliere di aprire un’asta online, stabilendo la tariffa di base, oppure mettere in vendita a un prezzo fisso con l’opzione di accettare anche eventuali offerte da parte dei compratori.

Il compratore paga subito e le spese di spedizione sono a suo carico. Informatevi preventivamente presso Poste Italiane su tutte le tariffe con spedizione tracciabile. Potete ricevere il denaro tramite vaglia postale, bonifico bancario, assegno o carta di credito, ma se non lo avete ancora fatto è consigliabile aprire un conto Paypal. Le commissioni di vendita sono a vostro carico e ammontano a circa il 10% del prezzo del bene. Se volete vendere molti oggetti simili, tipo dischi in vinile o libri, sappiate che i compratori sono più attratti dai lotti che dagli oggetti singoli.

Una volta che venite avvisati via email che un vostro oggetto è stato venduto, è bene che lo spediate al più presto. Tenete da parte fogli di plastica millebolle per avvolgere gli oggetti fragili,  buste imbottite e scatoloni di cartone pronti all’uso che eventualmente potete adattare tagliando le parti eccedenti con un coltello da cucina. Prima di spedire dovete coprire eventuali marchi di fabbrica presenti sullo scatolone utilizzando il nastro adesivo da pacchi e sigillare bene ogni fessura. L’indirizzo va scritto a penna perché il pennarello a contatto con la pioggia può stingere.

Dopo qualche giorno verificate sul sito di Poste italiane se il pacco è giunto a destinazione. Se la transazione è andata a buon fine lasciate sul sito un feedback positivo rivolto al compratore, lui farà lo stesso. È importante ricevere feedback positivi perché chi compra ha bisogno di sapere che può fidarsi di voi, quindi siate gentili e disponibili. Per qualunque eventuale controversia sappiate che eBay fornisce un’assistenza eccellente.

Ora siete pronti per svuotare i vostri armadi e riorganizzare la casa per fare spazio a cose nuove! Alleggerirvi del passato e circondarvi soltanto di ciò che vi piace vi farà stare senz’altro meglio!

mercoledì 26 aprile 2017

Recensione del romanzo “Qualcosa” di Chiara Gamberale


Oggi più che mai la nostra vita è diventata talmente frenetica da farci perdere il contatto con la nostra vera natura. Il romanzo breve Qualcosa ad opera della scrittrice e conduttrice romana Chiara Gamberale racconta la storia di una principessa di nome Qualcosa di troppo, figlia di Qualcuno di importante e di Una di noi. La piccola si dimostra da subito una bambina difficile da gestire, dagli atteggiamenti eccessivi e senza limiti. Viene molto viziata dalla famiglia e dalla servitù, però verso i tredici anni la morte della madre le fa conoscere il vero dolore.

Questo grave lutto all’improvviso le fa sentire un grande vuoto interiore, un buco al posto del cuore, e la frenesia con cui aveva convissuto fino a quel momento lascia il posto alla totale apatia, finché Qualcosa di troppo incontra il suo primo vero amico, il Cavalier Niente. Questo ragazzino mingherlino dagli occhiali spessi è molto saggio e le fa scoprire il valore prezioso del non fare. Fischiettare, osservare il lento moto delle nuvole  nel cielo, fantasticare sono le non attività a cui i due ragazzini si dedicano riuscendo a raggiungere il colmo della felicità.  Presto però tutto ciò non basta più a Qualcosa di troppo che decide di abbandonare l’amico per lasciarsi avviluppare dalle lusinghe dei social network chiudendosi in casa ad elemosinare i “mi piace”.

Suo padre vedendo la principessa sempre più pallida e apatica decide che è giunto il momento di farla maritare e la induce a frequentare cinque pretendenti per un mese ciascuno. In ognuno di loro all’inizio Qualcosa di troppo crede di avere trovato l’amore, uniformandosi in tutto e per tutto alle abitudini del partner come fanno spesso le donne, ma presto si rende conto che nessuno dei pretendenti può essere la sua anima gemella. A questo punto torna sulla scena il suo amico Cavalier Niente in veste di grillo parlante. Accade poco dopo un altro fatto tragico, ma il finale è a lieto fine.

Qualcosa è una fiaba dal contenuto assai profondo che fa riflettere sul senso di una vita affettivamente vuota ma piena di troppi stimoli al punto che il  niente e la noia arrivano persino a fare paura. Qualcosa è quella parte di noi di cui ci dobbiamo riappropriare riconoscendo il nostro Io, non solo nel difficile periodo dell’adolescenza ma anche nell’età adulta.


La scrittura semplice ma poetica e ritmica e le sagaci illustrazioni che la accompagnano ad opera del quotato fumettista Tuono Pettinato rendono questo libro di piacevolissima lettura, offrendo spunti di riflessione profonda su amicizia, amore e senso di una vita troppo piena di stimoli sovrabbondanti che ci rendono deboli e incapaci di affrontare la realtà. 

lunedì 24 aprile 2017

La mostra "Manet e la Parigi moderna" a Milano


Milano si dimostra ancora una volta vera protagonista della cultura europea con l’esposizione fino al 2 luglio 2017 di opere spettacolari realizzate dal pittore parigino Èdouard Manet (1832-1883).  L’artista, importante anello di congiunzione fra il Realismo e l’Impressionismo e reputato perciò preimpressionista, prendeva spunto e ispirazione per le sue opere durante le piacevoli  passeggiate lungo il fiume  Senna per poi fissare sulla tela la fremente realtà parigina con l’utilizzo di colori in sapiente contrasto.

Nonostante provasse grande ammirazione per i maestri classici, Manet si definiva innovatore rispetto ai canoni stantii dell’Accademia tradizionalista e il suo utilizzo dell’arte come mezzo di comunicazione lo rende uno dei più grandi artisti di tutti i tempi a livello mondiale. Superbo ritrattista e acuto osservatore del vero, rifuggì dalla rappresentazione del paesaggio, pur prediligendo la pittura en plein air, e immortalò soprattutto scene di vita quotidiana riuscendo a conferire vitalità ai personaggi con estremo realismo.

La mostra Manet e la Parigi moderna si trova al primo piano del Palazzo reale in piazza del Duomo. Vi sono esposti 100 capolavori presi in prestito dal prestigioso Museo D’Orsay di Parigi, tra cui  17 dipinti e 10 tra disegni e acquarelli di Manet, oltre a 40 opere di grandi maestri del tempo tra i quali Cézanne, Degas, Gaugin, Monet e Renoir. La mostra offre anche una sapiente ricostruzione dei mutamenti avvenuti nella capitale francese dal 1850 al 1880 quando l’imperatore Napoleone III decise di conferirle un aspetto più moderno, sfavillante di luci ed eventi mondani.

Le opere di Manet esposte in questa mostra di altissimo livello rappresentano realistiche scene dei bistrot di Parigi che il pittore frequentava accompagnandosi con artisti di corrente impressionista, romantiche vedute della Senna, soggetti marini e celebri ritratti nei quali i personaggi vengono colti in gesti di assoluta spontaneità. 


La mostra è aperta lunedì dalle 14.30 alle 19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9.30 alle 19.30; giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30. È consigliabile acquistare i biglietti online in modo da poter accedere direttamente alle sale, evitando una lunga coda nel cortile esterno.

domenica 5 febbraio 2017

Recensione del film “Silence” diretto da Martin Scorsese


In passato la Chiesa cristiana ha cercato di convertire alla propria fede milioni di persone che vivevano in stato di assoluta miseria, allettandole con la promessa di una futura vita ultraterrena paradisiaca.

Il film Silence diretto dal regista, sceneggiatore, attore e produttore newyorkese Martin Scorsese, si basa su una storia realmente accaduta nel Giappone del XVII secolo, già raccontata in un romanzo di Shusaku Endo nel 1966.

Protagonisti sono i giovani gesuiti portoghesi padre Rodrigues (interpretato da Andrew Garfield) e padre Garupe (interpretato da Adam Driver) che partono per un viaggio pericolosissimo alla ricerca del loro superiore padre Ferreira (Liam Neeson) di cui non hanno notizia da molto tempo, guidati da un contadino perennemente ubriaco di nome Kichijiro.

I due gesuiti approdano sulle coste del Giappone pieni di entusiasmo e di voglia di convertire al cristianesimo i contadini analfabeti oppressi da un regime totalitario. Presto però padre Rodrigues e padre Garupe si devono scontrare con la realtà di un Paese che non vuole rinunciare alle proprie tradizioni e con il feroce inquisitore Inoue Masashige che, reputando la fede cristiana pericolosa per lo Stato, decide di sradicarla con terribili persecuzioni e torture tipo roghi, crocifissioni in mare, bruciature con mestoli di acqua bollente, decapitazioni e interminabili sospensioni a testa in giù.

I contadini giapponesi inizialmente cedono alla nuova fede anche se non la comprendono appieno ma nel vedere morire i loro cari ed anche  i padri gesuiti sottoposti ad interminabili torture si vedono costretti alfine ad abbandonarla.

Anche padre Ferreira dopo avere studiato la religione e i costumi locali aveva ceduto all’apostasia, ovvero alla rinuncia alla fede cristiana, mostrando la sua fragilità di essere umano, dopo avere compreso che la volontà di colonizzare troppo in fretta senza prima cercare di  avvicinarsi alla cultura locale era stato un errore madornale.

Silence è il silenzio assordante di Dio che nonostante venga continuamente invocato sia dai contadini sia dai gesuiti non concede mai loro segnali tangibili della sua esistenza, rendendo questi esseri umani ancora più fragili di fronte alla sofferenze. Questo è un film che impressiona lo spettatore per la violenza esibita senza mezzi termini e che induce a riflessioni profonde sul rapporto tra uomo e fede.



lunedì 23 gennaio 2017

Una delicata favola per adulti: “La casa dei sette ponti” di Mauro Corona


Ogni tanto le fiabe che hanno popolato i sogni della nostra infanzia riaffiorano prepotentemente alla nostra memoria, anche se un po’ sbiadite. La casa dei sette ponti ad opera dello scrittore, alpinista e scultore ligneo Mauro Corona è una favola per adulti che utilizza lo stratagemma dell’incantesimo per cercare di ricondurci ai valori fondamentali della vita.

Protagonista della storia è un sessantenne industriale della seta che ha vissuto la sua infanzia spensierata in un paesino dell’Appennino tosco-emiliano e a 18 anni, dopo un feroce litigio con i suoi genitori, si è trasferito a Prato dove ha fatto fortuna. Ogni tanto l’uomo ritorna al paese natio, percorrendo con la sua auto lussuosa una valle stretta e tortuosa,  dove i fanciulli con cui giocava da piccolo sono rimasti anche da adulti a condurre una vita semplice e tranquilla.
Nel tragitto l’industriale rimane colpito da una piccola casa semi diroccata con il tetto protetto dalle intemperie per mezzo di teli di plastica multicolori, dai cui comignoli fuoriesce abbondante fumo in tutte le stagioni.

Il protagonista della storia è talmente offuscato dal denaro e dal potere da non rendersi conto di quanto è solo. La magia avviene quando l’uomo, attratto da una forza invisibile, si incammina lungo un percorso  di purificazione attraverso sette ponti sospesi su un abisso da incubo.
Passo dopo passo l’uomo deve affrontare i propri demoni interiori nel vedere riaffiorare ricordi che credeva di avere seppellito per sempre. L’incantesimo gli fa ritrovare la strada perduta, nella nuova consapevolezza che ciò che dà un senso alla nostra vita è la realizzazione non nel lavoro ma nella famiglia e negli affetti.


La casa dei sette ponti è una storia che nella sua indubbia semplicità fa riflettere su quale sia la strada giusta da percorrere per realizzare la nostra vera natura di esseri umani.

venerdì 13 gennaio 2017

Recensione del romanzo “La natura esposta” di Erri De Luca



È comprensibile che un uomo senza famiglia, una volta raggiunta l’età pensionabile, provi il  bisogno di sentirsi ancora utile al prossimo in qualche modo. Il protagonista del romanzo La natura esposta, ad opera del giornalista e scrittore  napoletano Erri De Luca, è un uomo di montagna solitario che ha conosciuto molti mestieri nella vita, tra cui il cercatore di fossili e di minerali e lo scalatore, ma soprattutto che, sapendo lavorare bene con le mani, si diletta a restaurare parti mancanti di statue.

L’uomo abita in una impervia terra di transito e nella bella stagione trascorre le giornate anche ad accompagnare stranieri e profughi clandestini  nell’oltrepassare il confine. Prima del tragitto come guida accetta un compenso in denaro come fanno altri nel paese, ma poi una volta portata a termine la missione preferisce restituire l’intera somma a chi ne ha più bisogno di lui. Questo gesto di generosità giunge presto alle orecchie di qualche giornalista e la non voluta subitanea notorietà del piccolo villaggio  fa sì che gli abitanti del paese isolino il compaesano, costringendolo così all’esilio volontario in una località costiera.

In questo luogo un parroco venuto a conoscenza delle abilità dell’uomo decide di affidargli un compito assai delicato: restaurare una grande statua marmorea dei primi del Novecento che rappresenta Cristo in croce. Come è noto, al termine del Concilio di Trento nel 1563 la Chiesa cattolica stabilì che nell’arte sacra si dovessero coprire tutte le nudità, facendo scempio di opere di valore sublime nel celarle con orrendi drappeggi.

Anche questa statua è stata realizzata nuda e subito dopo la prima esposizione la censura ne ha fatto coprire le parti giudicate sconvenienti con un pannello in pietra. Il parroco, nel recente periodo di nuova apertura della Chiesa voluto per facilitarne l’incontro con i fedeli,  chiede al protagonista della storia di asportare il pannello di copertura della statua e di restaurarne le parti intime  sottostanti, che diventano così la Natura esposta.

Protagonisti del romanzo, oltre ad un uomo non più giovane, schivo e umile ma di grande cuore che lotta costantemente con i suoi dubbi, sono anche la natura dell’uomo e quella della montagna. Inoltre, il Cristo crocifisso di questa storia non può non incutere pietà anche in chi non è credente, nel farci immaginare quel giovane uomo mentre è sottoposto a un atroce supplizio, non solo profondamente dolorante ma anche nudo e tremante per il freddo, colpito pure nell’anima per l’abbandono del padre suo che lo ha sacrificato per la salvezza di altri.

Nel romanzo sono rappresentate tutte e tre le religioni monoteiste: dal vescovo della chiesa cattolica, dall’operaio algerino di fede musulmana e dal rabbino, che coadiuvano ognuno a suo modo il lavoro certosino dell’umile riparatore di statue.
Nel romanzo La natura esposta c’è soprattutto passione ma anche delicatezza e un pizzico di mistero che si rivela a poco a poco spingendo il lettore a leggere il libro tutto di un fiato.