martedì 30 dicembre 2014

Recensione del film “Il ragazzo invisibile” diretto da Gabriele Salvatores



Il ragazzo invisibile segna il ritorno del regista e sceneggiatore Gabriele Salvatores al genere Fantasy, da lui già collaudato più volte in passato con successo.

Si tratta di un film drammatico che utilizza la fantascienza per indurre gli spettatori adulti a calarsi nei panni degli adolescenti più introversi, facilmente vittime di soprusi e bullismo, i quali solo utilizzando la fantasia possono fuggire da una realtà capace di indurre nelle loro menti malesseri potenzialmente devastanti.

Il ragazzo invisibile è il dodicenne Michele (interpretato dal giovane Ludovico Girardello), un ragazzino timido come tanti, nascostamente innamorato della bella compagna di classe Stella e soggetto quotidianamente alle pesanti angherie dei bulli all’interno della scuola. Michele scopre di essere stato adottato in fasce dalla madre Giovanna (Valeria Golino), poliziotta single, e di avere l’incredibile capacità di rendersi invisibile agli occhi degli altri, proprio come i supereroi. 

All’improvviso compare nella sua vita il vero padre, il quale gli racconta che anche egli stesso e la propria compagna sono dotati di superpoteri e proprio a causa di questi hanno dovuto abbandonarlo appena nato, per salvarlo da un gruppo di paramilitari russi intenti a formare formare un esercito di persone superdotate.

Michele solo allorché diventa del tutto invisibile si accorge di poter riuscire a conquistare il cuore della bella Stella, trovando poi il coraggio di reagire ai bulli che lo perseguitano e, una volta raggiunta la piena padronanza dei suoi poteri, addirittura di uccidere i cattivi paramilitari russi che lo stanno braccando per integrarlo nel loro esercito.  Una volta risolti i suoi problemi,  Michele decide di tornare ad una vita normale e di seppellire  il suo segreto in profondità.

Sullo sfondo della magica Trieste, Salvatores  in questo film drammatico fa muovere personaggi da fumetto utili a rappresentare gli adolescenti incompresi in fuga dalla realtà,  prede sia del desiderio sia del terrore di diventare totalmente invisibili alle persone che a loro stanno più a cuore.


sabato 22 novembre 2014

Recensione del romanzo “Storia di una ladra di libri”



Storia di una ladra di libri è stato pubblicato nel 2005 dallo scrittore australiano trentanovenne Markus Zusak, autore di libri per ragazzi di grande successo, con il titolo originale La bambina che salvava i libri (questo è stato rimpiazzato dopo l’uscita dell’omonimo film, che oltretutto si discosta parecchio dal romanzo). Questo romanzo non spicca per eccezionali doti stilistiche, ma può essere considerato assai originale per molti aspetti, tra cui il fatto non trascurabile che il narratore è la Morte in persona.

La storia inizia nel 1939 nella città immaginaria di Molching, ma l’ambientazione non è certo da fiaba, in quanto si svolge nella Germania nazista. La piccola Liesel Meminger, già provata da anni di stenti, all’età di nove anni assiste alla morte del fratellino minore e pochi giorni dopo viene consegnata in adozione dalla madre ad una coppia tedesca che ha due figli già grandi. Bambina così speciale da incuriosire persino la Morte che, come possiamo immaginare, in quel periodo aveva molto da fare, Liesel pur essendo analfabeta all’inizio della storia ruba un libro. Via via che impara a leggere, la bambina continua con fervore la sua attività di ladra di libri usati, comprendendo sempre più che le parole sono così potenti da potere di volta in volta anche creare, manipolare e distruggere.

Liesel, dotata di un cuore grande, si affeziona presto ai genitori adottivi e ben si adatta alla vita nel quartiere povero in cui abita, dimostrandosi un personaggio forte, leale e coraggioso, soprattutto quando, a causa di una lontana promessa, in quella che ormai è la sua casa arriva un ragazzo ebreo che tenta di sfuggire ai rastrellamenti, mettendo a repentaglio la vita di tutta la famiglia.

I libri rubati consentono a Liesel, mentre si trova assiepata assieme ai vicini di casa nel rifugio antiaereo di zona, grazie alla sua lettura ad alta voce, di alleviare almeno in parte l’angoscia che i bombardamenti insinuano nella mente di grandi e piccini, tanto da meritare l’epiteto di “scuotitrice di parole”. Una bambina non avrebbe dovuto assistere a tutto questo orrore a cui è impossibile ancora oggi dare una spiegazione, ma quando le viene regalato un taccuino, lei comincia a descriverlo, sperando che un giorno lontano qualcuno sarà in grado di leggere le sue parole.

La madre dell’autore è di nazionalità tedesca ed infatti Markus Zusak, oltre a narrare gli orrendi soprusi a cui vennero sottoposti gli ebrei durante il nazismo, indugia anche sulle sofferenze delle frange più povere del popolo tedesco, affamato da una guerra assurda e poi decimato da bombardamenti che hanno raso completamente al suolo intere città. Questo romanzo è consigliato a chi durante la lettura ama versare calde lacrime. 

domenica 9 novembre 2014

Recensione del film "Il sale della terra"


Il sale della terra diretto da Wim Wenders e da Juliano Ribeiro Salgado è un film-documentario che sottolinea, con immagini potenti dirette in fondo al cuore dello spettatore, quanto noi esseri umani siamo capaci di distruggere noi stessi, i nostri simili e lo splendido pianeta sul quale viviamo.

Il teutonico Wim (Ernst Wilhelm) Wenders in gioventù ha studiato medicina, filosofia e pittura, decidendo in seguito di dedicarsi con eclettismo alla regia, alla produzione cinematografica, alla scrittura e alla fotografia. Attento osservatore della natura umana, si era già cimentato in passato in documentari di grande successo, ma mai prima d’ora aveva saputo conferire alle immagini di genti e luoghi lontani un tale significato sociale e politico.

Juliano Ribeiro Salgado è il figlio primogenito del fotografo brasiliano Sebastião Salgado, il quale da quarant’anni gira il mondo con la sua macchina fotografica, realizzando sublimi e brutali immagini in bianco e nero dotate di rara potenza lirica.

Il sale della terra, opera incentrata sulla irragionevolezza umana, si apre con immagini che ritraggono i cercatori d’oro brasiliani all’opera nella più grande miniera a cielo aperto del pianeta, talmente accalcati l’uno all’altro da sembrare piccole e disperate formiche operose. La pellicola prosegue con il fotografo Sebastião Salgado che recita la parte di se stesso, portandosi alternativamente dietro e davanti all’obiettivo per raccontare la storia della sua vita e di tutto l’universo che ha  saputo esplorare e fotografare.

Le fotografie che si susseguono nella pellicola, conferendole grande impatto umanitario e sociale, ritraggono la siccità del Sahel, le genti più misere della Colombia, le tribù del Brasile minacciate dall’economia moderna, i terribili genocidi africani, i pozzi petroliferi incendiati nel Kuwait, in un'alternanza di immagini di mestieri, esodi, sofferenze e morte, per informare, provocare ed emozionare.

Dopo il viaggio in Rwanda, Sebastião Salgado che per realizzare i suoi reportage si mescola per mesi alle popolazioni in modo da vivere a stretto contatto con i suoi soggetti, è tornato a casa psicologicamente distrutto da tutta quella sofferenza. Nella pellicola vediamo come la moglie Lèlia Wanick, sua musa ispiratrice, riesce a salvarlo coinvolgendolo in un progetto ecologista di riforestazione delle sue terre natie disseccate dalla siccità.

Il sale della terra non è un documentario in senso stretto, ma un film epico di sensibilità elevata che conferendo dinamismo alla staticità delle immagini fotografiche di Salgado mette lo spettatore brutalmente di fronte alla crudeltà dell’uomo moderno, in contrasto con la meravigliosa bellezza del nostro pianeta laddove egli non è ancora riuscito a contaminarlo.  


giovedì 2 ottobre 2014

Parliamo di romanzo rosa



Nel romanzo rosa vengono narrate vicende amorose e passionali, immaginate dal punto di vista della protagonista: questo genere letterario è destinato principalmente al pubblico femminile. Come richiesto dal pubblico, nella narrativa rosa è anche d’obbligo il lieto fine.

Il romanzo rosa ottenne i primi veri successi in Francia all’inizio del Novecento con la pubblicazione delle opere di Delly, pseudonimo dei fratelli Jeanne-Marie e Frédèric Petit Jean De La Rosière che scrivevano a quattro mani, nelle quali la protagonista è pura come un giglio e va ad incontrare mille ostacoli durante la sua ricerca dell’amore perfetto.

In Inghilterra la prima scrittrice autorevole di questo genere letterario, venato però in questo caso anche di un certo erotismo, fu Elinor Glyn, la quale una volta giunta a Hollywood contribuì a creare i miti di Rodolfo Valentino, Gloria Swanson e Clara Bow.


Questo genere letterario, che spesso tende a mettere la donna in guardia da un uomo che non è mai come sembra, in Italia ha trovato ampia diffusione a partire dal 1912 con la pubblicazione della Biblioteca delle signorine ad opera dell’editore Salani. Oggi le scrittrici italiane di un certo livello che si dedicano al romanzo rosa sono Susanna Tamaro e Margaret Mazzantini, ambedue veramente capaci di arrivare alle corde più profonde del nostro cuore.

martedì 23 settembre 2014

Un evento eccezionale: la mostra antologica di Giovanni Segantini a Milano



Ha aperto i battenti a Milano il 18 settembre 2014 la più importante mostra mai allestita con opere di Giovanni Segantini, provenienti da svariate collezioni private e da musei statunitensi ed europei, che resterà aperta al pubblico fino al 18 gennaio 2015. I 120 capolavori, dei quali alcuni mai esposti prima nel nostro Paese, rappresentano l’intera carriera del grande pittore nato nel 1858 ad Arco, grazioso comune attualmente in provincia di Trento, allora posto sotto la dominazione asburgica.

Rimasto orfano di madre a soli 7 anni, Giovanni Segantini visse una giovinezza chiusa e solitaria che lo rese ombroso e dedito ad eccessi, tali da sfociare nella reclusione in riformatorio. Fu durante il suo primo impiego come garzone di un laboratorio fotografico che Segantini prese coscienza del proprio desiderio di descrivere artisticamente le impressioni che il mondo esterno gli suscitava, e presto si stabilì a Milano per poter frequentare l’Accademia di Belle arti di Brera. Il capoluogo lombardo è una città che il maestro del divisionismo ha molto amato, raffigurandola in opere intrise di vera poesia, tanto quanto la località svizzera Maloja nel cantone dei Grigioni dove l’artista imparò a raffigurare mirabilmente scorci e luci delle Alpi, ma vi trovò la morte per peritonite nel 1899, a soli 41 anni.

Quella di Giovanni Segantini è stata una carriera in continuo divenire e sperimentare: le sue prime opere sono pervase di realismo e naturalismo,  mentre dopo l’incontro con la scapigliatura e con il divisionismo di cui divenne uno dei maggiori esponenti, il maestro si dedicò alfine al simbolismo. La mostra Segantini allestita a Milano è suddivisa in 8 sezioni, ciascuna dedicata ad un peculiare aspetto dell’arte del pittore, in modo che il visitatore possa confrontare le pennellate dell’esordio con l’evoluzione del ritratto, della natura morta, del paesaggio, nonché con la raffigurazione della vita nei campi e della maternità, seguendone la panoramica più completa mai esposta finora. Nella mostra sono visibili anche disegni e bozzetti preparatori dai quali si può immaginare la complessità dello studio che precedeva la realizzazione di questi capolavori, alcuni dei quali di ragguardevoli dimensioni.

Giovanni Segantini è un poeta, un esteta che ha segnato la storia dell’arte, e non si può che rimanere a bocca aperta, percorrendo le sale fresche e semibuie dell’allestimento milanese, di fronte alle notevoli opere realizzate dall’artista con il suo stile personale ed inconfondibile,  le cui pennellate hanno indubbiamente saputo creare un’atmosfera colma di luce che arriva diritta al cuore.





La mostra Segantini è visitabile: lunedì dalle 14.30 alle 19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9.30 alle 19.30; giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30.

martedì 16 settembre 2014

Parliamo di romanzo horror


Il romanzo horror, che trae origine dal racconto tragico classico spingendolo ai limiti del paradosso, descrive una realtà quotidiana arricchita da elementi irrazionali di carattere soprannaturale e surreale. Questo tipo di letteratura, assai fiorente soprattutto negli anni Trenta e Settanta del Novecento, tende a suscitare nell’animo del lettore, messo a conoscenza di minacce che la vittima del romanzo per lo più ignora, sensazioni di orrore, repulsione e paura. Il lettore, dopo essere stato messo a confronto con forti sensazioni di suspense e ribrezzo, restando comunque al sicuro al di là della pagina scritta, non può non apprezzare con sollievo, al termine della storia, il ritorno all’esistenza normale.

Gli scrittori di letteratura dell’orrore alimentano le paure ancestrali radicate nell’inconscio collettivo umano utilizzando archetipi: fantasmi, vampiri, demoni, stregoni, scienziati pazzi, licantropi, mostri e zombie si muovono in ambienti bui e isolati, dove la morte è sempre dietro l’angolo.

Il romanzo horror nasce dal gotico inglese alla fine del Settecento con il romanzo Il castello di Otranto di Horace Walpole, storia di amore e morte ambientata nel Salento italiano, nella quale compare la figura di un essere gigantesco e mostruoso.

Molto prolifico fra gli scrittori di letteratura dell’orrore è lo statunitense Edgar Allan Poe, morto nel 1849 in circostanze misteriose come i protagonisti delle sue macabre storie,  sempre in bilico fra ossessione e incubi.

Uno scrittore horror che ha molto alimentato il mondo del cinema è Bram Stoker, grazie al suo Dracula pubblicato nel 1897, ispirato all’impalatore sanguinario Vlad III principe di Valacchia, personaggio realmente esistito

Il re del romanzo horror contemporaneo è senz’altro Stephen King, mentre fra gli autori italiani del genere possiamo consigliare: Ivan Perciballi, Eraldo Baldini, Gianfranco Nerozzi e Alda Teodorani







(L'immagine è tratta dal sito nonsolocultura.studenti.it) 

lunedì 1 settembre 2014

Parliamo del romanzo fantasy


Il termine Fantasy nasce in Inghilterra nella seconda metà del XIX secolo per indicare un genere letterario ispirato alla mitologia, ricco di allegorie e simboli, nel quale si fa spesso ricorso al soprannaturale.  Questa narrativa trae spunto da tutta la mitologia del passato, greca, romana, ed anche mesopotamica, medioevale, scandinava, celtica, giapponese, azteca ed egizia.

Nel romanzo Fantasy, personaggi dai nomi impronunciabili si muovono in un mondo immaginario, misterioso e pieno di pericoli, alla ricerca di un oggetto o di una persona, esprimendosi in linguaggi di pura invenzione. Si tratta di una narrativa di azione da cui trasuda l’ardente desiderio degli autori di rifugiarsi in un passato ideale per ritrovare tutto ciò che l’uomo moderno sembra avere perduto a partire dalla rivoluzione industriale.

Di questo genere letterario si possono distinguere le seguenti varianti:
High fantasy, nel quale il destino dei popoli è di venire minacciati dal Male
Heroic fantasy, dove l’uomo eroe si muove in un mondo privo di certezze, funestato dalla magia
Dark fantasy, in cui il regno che fa da sfondo all’azione è già stato sopraffatto dal Male
Urban fantasy, ambientato in una cornice realistica e contemporanea

Possiamo considerare antesignana del genere Fantasy la commedia comica Sogno di una notte di mezza estate, scritta nel 1595 da William Shakespeare, che narra del matrimonio fra il duca di Atene Teseo e la regina delle Amazzoni Ippolita, ambientato in un mondo fantastico popolato da elfi e fate.

Ottimo romanzo del genere Fantasy dei primordi è Lei, pubblicato nel 1886 da H.Ride Haggard, a cui fa sfondo il mondo perduto dell’antico Egitto, la cui protagonista è la regina immortale Ayesha.

A partire dagli anni Sessanta del Novecento il genere Fantasy ha avuto il maggiore seguito di pubblico in assoluto, dopo la pubblicazione  del romanzo Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien, importante studioso di lingua anglosassone, il quale fa agire i suoi eroi in una regione chiamata Terra di Mezzo, situata sul pianeta Arda.

Fra i moderni autori di genere Fantasy possiamo citare: Stephen King, Michael Ende e gli italiani Francesco Falconi e Luca Tarenzi.






martedì 1 luglio 2014

Parliamo di romanzo storico



Per definizione, il romanzo storico narra vicende accadute almeno cinquant’anni prima rispetto a quando è stato scritto e il suo autore all’epoca dei fatti non deve essere ancora nato.

Lo scrittore di questo genere tipicamente romantico, prima della stesura del romanzo, deve operare una scrupolosa ricerca in modo da essere in grado di ricostruire fedelmente usi, costumi e mentalità dei popoli vissuti nel passato, limitando parecchio la sua libertà di inventiva. Il romanzo storico, nel quale convivono personaggi realmente esistiti accanto a personaggi di pura invenzione, deve risultare al lettore assolutamente credibile, verosimile e coinvolgente.

Il romanzo storico è nato in Europa nell’Ottocento, periodo in cui il nazionalismo dominante ben si prestava e rievocare la passata grandezza dei popoli. Il capostipite di questo genere letterario è il romanzo Waverley pubblicato da Walter Scott nel 1814, nel quale sullo sfondo dell’antica Scozia e dei suoi conflitti sociali si muove un eroe dall’aspetto di un tranquillo gentleman inglese. I romanzi di Scott risultano molto appassionanti e divertenti per il lettore.

In Italia questo genere di romanzo si sviluppa non appena vi vengono diffuse le opere di Walter Scott tradotte nella nostra lingua, alle quali si ispira anche Alessandro Manzoni che nel 1827 pubblica la prima versione del romanzo I promessi sposi, ambientato a Milano nel Seicento.  Manzoni, che si dimostra maestro di complicati intrecci e di fitti colpi di scena, è anche capace di inimitabili descrizioni paesaggistiche, ma punta più a moralizzare il lettore che a divertirlo.

Al romanzo storico classico possiamo affiancare i seguenti generi, ugualmente apprezzati dai lettori:
  • Ucronico
Narrativa fantastica basata sul fatto che la storia del mondo abbia potuto seguire un corso alternativo a quello normalmente riconosciuto
  • Pseudostorico
Basato su teorie che pretendono di essere storiche ma che non vengono accettate dalla comunità scientifico/accademica
  • Fantastorico
Romanzo ambientato in un contesto storico con l’aggiunta di elementi fantasy che si rifanno alla magia e al mito.






(L'immagine è tratta dal sito www.edizionidomino.eu)

lunedì 23 giugno 2014

Recensione del film “Synecdoche”, New York


Synecdoche, New York è il primo film da regista dello sceneggiatore Charlie Kaufman, uscito negli Stati Uniti nel 2008 e giunto nelle sale italiane in questi giorni.

Il protagonista, il regista e attore statunitense da premio Oscar Philip Seymour Hoffman, non è più tra noi, morto a 46 anni nel febbraio 2014, probabilmente a causa di un mix micidiale di eroina, cocaina e benzodiazepina.

La storia inizia nella cittadina di Schenectady, nei pressi di New York, la cui pronuncia assomiglia all’oscuro titolo del film. Il regista teatrale Caden Cotard (interpretato da Philip Seymour Hoffman) si sveglia una mattina d’autunno con la netta sensazione che qualcosa di orribile stia per accadergli.

In effetti, pochi giorni dopo, mentre sta mettendo in scena l’opera “Morte di un commesso viaggiatore”, la moglie Adele, pittrice di quadri così piccoli che possono essere ammirati soltanto attraverso una lente di ingrandimento, lo lascia per trasferirsi a Berlino insieme alla figlia Olive e ad un’amica lesbica.

Caden Cotard entra in crisi e comincia a soffrire di allucinazioni, convincendosi di essere afflitto da una misteriosa malattia che lo porterà presto alla morte. Nonostante il suo corpo sia tormentato alternativamente da pustole, tremori, convulsioni, sangue che fuoriesce dalla bocca e deiezioni di colori assurdi, il protagonista della storia riesce ad avere una relazione con la bella Hazel e a sposarsi una seconda volta.

Il film prosegue sotto forma di viaggio nella mente di Caden Cotard, il quale ossessionato dal timore di una morte imminente decide di riprodurre la sua vita mettendola in scena mentre accade, cercando di realizzare un’enorme scenografia che riproduca per intero i luoghi da lui frequentati.

Mentre la scenografia continua ad espandersi generando realtà parallele dove il tempo scorre più velocemente del normale, lo spettacolo ormai impossibile da rappresentare si converte in una metafora dell’esistenza imperfetta di tutti noi.
Presto la messa in scena dello spettacolo sfugge di mano a Caden Cotard, generando diversi alter ego dei protagonisti principali e destinando il regista a vivere in un mondo ricreato che sostituisce quello vero.

Synecdoche, New York è un film oscuro, angosciante, faticoso da seguire per lo spettatore, ma interessante per i numerosi riferimenti al mondo del teatro, della letteratura e della psicanalisi. La caducità della vita viene qui rappresentata come un gioco di raddoppiamenti che continua ad amplificarsi finché la morte non ne prende la regia.


Alla complessità di questo viaggio nei labirinti della psiche si aggiunge il fatto inquietante che sei anni dopo l’uscita del film anche la vera vita del protagonista è deragliata a causa di ciò che avveniva nella sua mente, forse diventata incapace di distinguere il mondo reale dalle allucinazioni.



Francesca Paolillo

martedì 17 giugno 2014

Parliamo del romanzo giallo


Romanzo giallo è un termine esclusivamente italiano, che si riferisce ad una collana di narrativa popolare pubblicata da Arnoldo Mondadori a partire dal 1929, caratterizzata dal colore giallo delle copertine. Il corrispondente termine inglese è detective story, quello francese roman policier, mentre quello tedesco è Kriminalroman.

Il primo romanzo di questo genere assai apprezzato dai lettori di tutto il mondo è I delitti della via Morgue di Edgar Allan Poe edito nel 1841, nel quale un investigatore riesce a risolvere casi criminali soltanto grazie alla propria capacità deduttiva, traendo gli indizi dagli articoli dei giornali, senza neanche recarsi sulle scene dei delitti.

L’oggetto principale del romanzo giallo è un crimine che va a scardinare una situazione di ordine regolato dalla Legge, coinvolgendo diversi personaggi nel corso della relativa indagine volta a scoprirne il colpevole. Lo scrittore affida le investigazioni ad un detective che ignora l’identità dell’autore del delitto quanto il lettore, e dissemina indizi nel corso della storia che pian piano portino ad una soluzione finale con relativa punizione, cercando di mantenere alta l’attenzione di chi legge dalla prima all’ultima pagina.

Il romanzo giallo si può esprimere in diversi sottogeneri:
·         Classico: la risoluzione del caso viene affidata ad un investigatore privato o dilettante con caratteristiche che incutono nel lettore simpatia e spirito di identificazione
·         Poliziesco: l’indagine viene affidata alle Forze dell’Ordine, con descrizione minuziosa di tecniche e procedure
·         Spy story: l’intrigo dei servizi segreti internazionali si intreccia con sottotrame anche sentimentali
·         Hard boiled: il detective privato usa metodi violenti e scorretti quanto il delinquente, volano pugni e compaiono rivoltelle
·         Noir: riferito ad una collana di romanzi pubblicati in Francia negli anni Venti ad opera dell’editore Gallimard, dalla caratteristica copertina nera, a cui si ispirarono molti film hollywoodiani degli anni Trenta. Viene dato ampio spazio al punto di vista del criminale e alla psicologia dei personaggi. Rispetto al giallo classico presenta scene con maggiore azione e violenza, meno parole e meno astuzia.
·         Thriller: lo svolgimento della trama suscita paura ed ansia nel lettore, il quale tende ad immedesimarsi nell’investigatore che rischia la vita. Si assiste anche alla preparazione ed esecuzione del crimine, con crescente tensione. Spiccano figure quali l’avvocato, il medico legale e l’ispettore di polizia scientifica.

Scrittori indimenticabili di romanzi gialli in senso lato sono stati: Arthur Conan Doyle, creatore del mitico personaggio Sherlock Holmes, Wilkie Collins, Agatha Christie, ideatrice di Hercule Poirot e Miss Marple, Georges Simenon con il suo indimenticabile commissario Maigret, Raymond Chandler e Rex Stout, padre di Nero Wolfe . Tra gli autori italiani possiamo citare il primo del genere, Francesco Mastriani, e gli attuali Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli.





(L'immagine è tratta dal sito www.valtrompianews.com)



Francesca Paolillo


mercoledì 11 giugno 2014

Il cancro alla prostata può avere origine da una malattia sessualmente trasmessa?


Il cancro alla prostata, neoplasia maligna che si sviluppa nelle cellule epiteliali di questa piccola ghiandola, è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile al di sopra dei 45 anni di età, contando in Italia ogni anno 11.000 nuovi casi e  6.300 decessi.

Sappiamo che le possibilità di contrarre questa pericolosa e subdola neoplasia traggono origine nella genetica e nello stile di vita dell’individuo. I fattori di rischio principali sono: la presenza della malattia in un consanguineo, una dieta ricca di grassi animali e una scarsa attività fisica. 
Di recente si è scoperto che anche l’infezione del parassita Trichomonas vaginalis, sessualmente trasmissibile, può favorire la crescita di questo tumore, in quanto presente in almeno un quarto dei malati di cancro alla prostata.

Ben 275 milioni di persone nel mondo sono affette da trichomoniasi . I sintomi, spesso sfumati, comprendono: prurito e bruciore nelle parti intime e perdite che nella donna assumono un forte odore di pesce.


Ricercatori dell’Università della California e dell’Università degli studi di Sassari, dopo numerosi studi in laboratorio,   hanno pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas)  le loro conclusioni in merito. Secondo questi esperimenti, l’infiammazione cronica dovuta al Trichomonas vaginalis  può provocare il tumore alla prostata a causa di una proteina emessa dal parassita che  favorisce, oltre all’instaurarsi dello  stato infiammatorio,  anche la proliferazione delle cellule tumorali.  Attenzione dunque ai primi sintomi: sradicare il parassita negli stadi iniziali della malattia è essenziale.

domenica 18 maggio 2014

Il coronavirus MERS minaccia l’umanità?


Dopo la pericolosa diffusione del virus della SARS che nel 2003 provocò circa 800 decessi su tutto il globo terrestre, la notizia di una nuova epidemia sta generando parecchia apprensione nella popolazione mondiale. Si tratta della MERS (Middle East Respiratory Syndrome), causata da un coronavirus contro il quale non esiste al momento un trattamento antivirale specifico né un vaccino.

Pare che questo virus albergasse da secoli nell’organismo dei pipistrelli dell’Arabia saudita senza creare  danni evidenti in questa specie, finché i loro escrementi posati sui datteri, circa una ventina di anni fa hanno  infettato i cammelli che ne vanno ghiotti.  Dal 2012 il coronavirus della MERS ha infettato anche l’uomo a causa del contatto ravvicinato con i quadrupedi, provocando 500 casi in tutto il mondo con 140 decessi, per il momento abbastanza circoscritti all’Arabia Saudita (in Italia se ne è verificato un solo caso, mentre altri contagi sporadici sono stati segnalati negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti d’America).

Il virus della MERS è simile a quello della SARS e, anche se non vi è prova del contagio diretto fra esseri umani, la sindrome è molto pericolosa, con un tasso di mortalità oltre il 30%. Dall’aprile 2014, tra l’altro, i casi stanno aumentando vertiginosamente.

Quali sono i sintomi? Dopo una incubazione di circa 12 giorni, il virus si manifesta con febbre, brividi, tosse e dolori muscolari come una qualsiasi sindrome influenzale,  finché insorgono insufficienza respiratoria e renale acute, da pronto intervento ospedaliero.


L’unica difesa che abbiamo per il momento è, qualora dovessimo recarci in Arabia saudita, di rispettare rigorosamente le norme igieniche per la prevenzione da qualunque malattia infettiva.

mercoledì 16 aprile 2014

Recensione del film “Un matrimonio da favola” scritto dai fratelli Carlo ed Enrico Vanzina con Edoardo Falcone


Ridere giova fortemente alla nostra salute. Per questo motivo, ogni tanto è bene alternare ai film cosiddetti “impegnati” la visione di pellicole capaci di farci assaporare il sottile piacere dell’umorismo. I fratelli Vanzina, presenti nel panorama del cinema italiano dal 1976 con 60 film all’attivo, sanno ben osservare la realtà, per poi raccontarcela con l’unico intento di diffondere il buonumore.

Il film Un matrimonio da favola diretto da Carlo Vanzina  è una commedia corale con un cast di tutto rispetto che fa sbellicare dalle risate, utilizzando le gag classiche del cinema italiano, inserite però nella realtà a noi più vicina, capace di rappresentare un’Italia che non si rassegna nonostante tutto.

La pellicola inizia con una partita di calcetto fra 5 amici che frequentano insieme la Scuola media superiore a Roma.  Vent’anni dopo, quello che un tempo era il più sfigato del gruppo appare l’unico realizzato nella vita, prossimo al matrimonio con la figlia del presidente della banca di Zurigo presso la quale è impiegato, mentre gli altri non hanno per niente coronato i propri sogni giovanili, sopravvivendo a giornate sempre uguali.

L’invito al matrimonio dell’ex compagno di classe Daniele con la bella Barbara è l’occasione per una rimpatriata intrisa della complicità di un tempo, in una girandola di esilaranti equivoci a volte anche dolceamari, che si sviluppano nello spazio di un weekend, trascorso in un hotel svizzero da sogno.

Ritrovare i compagni di un tempo fa riemergere la vera natura per lo più nascosta anche a se stessi di tutti e 5 gli amici, i quali dopo questa seppur breve avventura non potranno più essere gli stessi.


martedì 1 aprile 2014

La luce blu emessa dai dispositivi elettronici è fortemente dannosa


L’uomo moderno si è ormai abituato ad un utilizzo giornaliero eccessivo di smartphone, tablet, pc e televisore, arrivando anche fino a 10 ore al giorno di visione. Gli schermi dei dispositivi LCD/LED di ultima generazione emettono una luce blu artificiale di lunghezza d’onda vicina a quella dei raggi ultravioletti, presente naturalmente anche nelle emissioni solari.

L’esposizione prolungata a questa luce blu produce nell’occhio dannosi  radicali liberi, i quali a lungo andare possono indurre un danno progressivo che si manifesta con sensazioni di bruciore, secchezza e vista confusa, oltre ad alterare la produzione di melatonina e il ritmo sonno-veglia. Nei casi più gravi si può arrivare persino alla gravissima degenerazione maculare. 
  
La sovraesposizione alla luce blu è assai dannosa per tutti, soprattutto per bambini e anziani. Come rimediare? Innanzitutto, ogni 45 minuti di visione occorre distogliere lo sguardo dallo schermo per una piccola pausa, rivolgendolo verso un punto lontano.

È anche consigliabile acquistare occhiali di buona qualità provvisti di lenti che riducano il senso di abbagliamento, migliorando la visione dei dispositivi. Queste lenti possono giovare sia a chi è dotato di un’ottima vista, sia a chi ha bisogno di correggere anche miopia, presbiopia, ipermetropia o astigmatismo.

Proteggiamo i nostri occhi e quelli dei nostri bambini prima che sia troppo tardi!





by Francesca Paolillo

domenica 9 febbraio 2014

È arrivato anche in Italia il film “A proposito di Davis” dei fratelli Coen

Ethan e Joel Coen tornano finalmente sulle scene dopo tre anni di assenza per presentarci il film A proposito di Davis (titolo originale Inside Llewin Davis ), del quale hanno curato sceneggiatura, regia  e produzione, ispirato alla vita del folk singer  Dave Van Ronk, amico intimo di Bob Dylan

Il protagonista di questa pellicola Llewin Davis, magistralmente interpretato dal guatemalteco 34enne Oscar Isaac, attore nonché componente della  punk band Blinking under dogs, è però un personaggio di pura fantasia.

Chi si accorge di avere un talento speciale sa che questo da solo non basta per raggiungere il successo.  Infatti, per saperlo trasformare in un mestiere remunerativo occorre sottoporsi prima di tutto ad una faticosa gavetta, associata alla capacità di scendere ogni tanto a compromessi e, perché no, anche ad un pizzico di fortuna.

La commedia musicale A proposito di Davis ci mostra una settimana di vita dello sfortunato folk singer Llewin Davis. Figlio di operai, il talentuoso musicista e cantautore è in cerca di una strada che gli consenta una vita diversa da quella dei suoi familiari, contraddistinta da conformismo e apatia.

Nella pellicola vediamo Davis vagabondare per le strade di New York, nel gelido  e grigio inverno dell’anno 1961, portando con sé soltanto una giacca di velluto a coste, una borsa a tracolla e la sua inseparabile chitarra. Giovane trasandato e rude, la sera guadagna qualche soldo esibendosi nei fumosi  locali notturni del Greenwich Village, dai quali iniziò la sua carriera musicale anche il grande Bob Dylan. Le numerose scene che inquadrano, oltre al musicista che si esibisce esclusivamente live, semplicemente un palco in penombra, una sedia e una chitarra, sanno celebrare alla perfezione la musica come sublime forma di arte.

Rimasto solo dopo il suicidio del suo partner artistico, il fragile autodistruttivo Llewin Davis, per il timore di scrivere musica troppo commerciale, decide di mantenere la sua integrità artistica a tutti i costi,  restando a tutti gli effetti un perdente che fa tenerezza allo spettatore, nonostante il cinismo dimostrato quando tradisce il suo amico Jim (Justine Timberlake) andando a letto con la sua fidanzata Jean (Carey Mulligan) per poi sovvenzionarle un aborto, mostrandosi  più preoccupato per un gatto perduto che per i sentimenti della ragazza. Incapace di costruirsi una esistenza solida, Davis trascorre tutte le notti buttato sul divano di qualche amico o conoscente.

Dopo un infruttuoso viaggio a Chicago in cerca di fama, compiuto in auto in compagnia  del musicista jazz eroinomane Roland Turner (impersonato da John Goodman), Llewin Davis torna nella New York da cui era partito, ritrovandosi in una situazione identica a quella  che aveva lasciato.

A proposito di Davis è una ballata struggente intima e introspettiva,  a tratti anche comica, che ha saputo guadagnarsi il Gran premio speciale della giuria al Festival di Cannes del 2013, mentre agli Oscar è candidato soltanto per premi minori. Notevole la colonna sonora girata interamente live che si ispira a pezzi tradizionali americani, cantati a suo tempo anche da Bob Dylan e da A.P.Carter.




giovedì 30 gennaio 2014

Dal 2 dicembre 2013 si può stipulare l’Accordo di convivenza presso un notaio


In Italia, nonostante se ne discuta da decenni, non esiste ancora una legge che disciplini la famiglia di fatto. Infatti, per chi decide di formare una coppia stabile senza sottostare ai vincoli giuridici del matrimonio non è prevista praticamente nessuna tutela, con conseguenze spesso pesanti per il partner più debole.

Dal 2 dicembre 2013, però, è possibile per le coppie non sposate, anche se composte da individui omosessuali o transessuali, stipulare un Accordo di convivenza presso un qualsiasi studio  notarile.
A tale proposito, il Consiglio nazionale del notariato organizza presso le proprie sedi incontri informativi “open day” assai chiarificatori per le coppie di fatto, costituite da persone legate da un vincolo affettivo che vivono sotto lo stesso tetto stabilmente  (more uxorio per la giurisprudenza).

Volendo tutelarsi soprattutto in previsione di una futura possibile rottura del rapporto sentimentale, questo Accordo di tipo privatistico mette al riparo da spiacevoli controversie, disciplinando nero su bianco con valore di titolo esecutivo tutte le questioni patrimoniali riguardanti l’uso della casa comune, il contratto d’affitto, le modalità di cessazione della convivenza, l’assistenza al partner in caso di malattia fisica o psichica e il regime di separazione o comunione dei beni.

Al momento, dall’Accordo di convivenza sono esclusi l’educazione ed il mantenimento dei figli e i patti successori in caso di morte del partner, che vanno ancora regolamentati per mezzo di un testamento. 
Poiché amare significa desiderare il bene dell'altro sopra ogni cosa, tutelare il partner più debole dal punto di vista patrimoniale è il modo più concreto per manifestargli sostegno e protezione.

Prima di recarvi dal notaio per stipulare l’Accordo dovete preparare i seguenti documenti:
·        -  Carta d’identità
·         - Codice fiscale
·         - Certificato di stato civile
·        -  Accordi di precedenti separazioni o divorzi
·         - Copia dei documenti che attestino la proprietà o la locazione dei beni da disciplinare
     



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