lunedì 23 giugno 2014

Recensione del film “Synecdoche”, New York


Synecdoche, New York è il primo film da regista dello sceneggiatore Charlie Kaufman, uscito negli Stati Uniti nel 2008 e giunto nelle sale italiane in questi giorni.

Il protagonista, il regista e attore statunitense da premio Oscar Philip Seymour Hoffman, non è più tra noi, morto a 46 anni nel febbraio 2014, probabilmente a causa di un mix micidiale di eroina, cocaina e benzodiazepina.

La storia inizia nella cittadina di Schenectady, nei pressi di New York, la cui pronuncia assomiglia all’oscuro titolo del film. Il regista teatrale Caden Cotard (interpretato da Philip Seymour Hoffman) si sveglia una mattina d’autunno con la netta sensazione che qualcosa di orribile stia per accadergli.

In effetti, pochi giorni dopo, mentre sta mettendo in scena l’opera “Morte di un commesso viaggiatore”, la moglie Adele, pittrice di quadri così piccoli che possono essere ammirati soltanto attraverso una lente di ingrandimento, lo lascia per trasferirsi a Berlino insieme alla figlia Olive e ad un’amica lesbica.

Caden Cotard entra in crisi e comincia a soffrire di allucinazioni, convincendosi di essere afflitto da una misteriosa malattia che lo porterà presto alla morte. Nonostante il suo corpo sia tormentato alternativamente da pustole, tremori, convulsioni, sangue che fuoriesce dalla bocca e deiezioni di colori assurdi, il protagonista della storia riesce ad avere una relazione con la bella Hazel e a sposarsi una seconda volta.

Il film prosegue sotto forma di viaggio nella mente di Caden Cotard, il quale ossessionato dal timore di una morte imminente decide di riprodurre la sua vita mettendola in scena mentre accade, cercando di realizzare un’enorme scenografia che riproduca per intero i luoghi da lui frequentati.

Mentre la scenografia continua ad espandersi generando realtà parallele dove il tempo scorre più velocemente del normale, lo spettacolo ormai impossibile da rappresentare si converte in una metafora dell’esistenza imperfetta di tutti noi.
Presto la messa in scena dello spettacolo sfugge di mano a Caden Cotard, generando diversi alter ego dei protagonisti principali e destinando il regista a vivere in un mondo ricreato che sostituisce quello vero.

Synecdoche, New York è un film oscuro, angosciante, faticoso da seguire per lo spettatore, ma interessante per i numerosi riferimenti al mondo del teatro, della letteratura e della psicanalisi. La caducità della vita viene qui rappresentata come un gioco di raddoppiamenti che continua ad amplificarsi finché la morte non ne prende la regia.


Alla complessità di questo viaggio nei labirinti della psiche si aggiunge il fatto inquietante che sei anni dopo l’uscita del film anche la vera vita del protagonista è deragliata a causa di ciò che avveniva nella sua mente, forse diventata incapace di distinguere il mondo reale dalle allucinazioni.



Francesca Paolillo

martedì 17 giugno 2014

Parliamo del romanzo giallo


Romanzo giallo è un termine esclusivamente italiano, che si riferisce ad una collana di narrativa popolare pubblicata da Arnoldo Mondadori a partire dal 1929, caratterizzata dal colore giallo delle copertine. Il corrispondente termine inglese è detective story, quello francese roman policier, mentre quello tedesco è Kriminalroman.

Il primo romanzo di questo genere assai apprezzato dai lettori di tutto il mondo è I delitti della via Morgue di Edgar Allan Poe edito nel 1841, nel quale un investigatore riesce a risolvere casi criminali soltanto grazie alla propria capacità deduttiva, traendo gli indizi dagli articoli dei giornali, senza neanche recarsi sulle scene dei delitti.

L’oggetto principale del romanzo giallo è un crimine che va a scardinare una situazione di ordine regolato dalla Legge, coinvolgendo diversi personaggi nel corso della relativa indagine volta a scoprirne il colpevole. Lo scrittore affida le investigazioni ad un detective che ignora l’identità dell’autore del delitto quanto il lettore, e dissemina indizi nel corso della storia che pian piano portino ad una soluzione finale con relativa punizione, cercando di mantenere alta l’attenzione di chi legge dalla prima all’ultima pagina.

Il romanzo giallo si può esprimere in diversi sottogeneri:
·         Classico: la risoluzione del caso viene affidata ad un investigatore privato o dilettante con caratteristiche che incutono nel lettore simpatia e spirito di identificazione
·         Poliziesco: l’indagine viene affidata alle Forze dell’Ordine, con descrizione minuziosa di tecniche e procedure
·         Spy story: l’intrigo dei servizi segreti internazionali si intreccia con sottotrame anche sentimentali
·         Hard boiled: il detective privato usa metodi violenti e scorretti quanto il delinquente, volano pugni e compaiono rivoltelle
·         Noir: riferito ad una collana di romanzi pubblicati in Francia negli anni Venti ad opera dell’editore Gallimard, dalla caratteristica copertina nera, a cui si ispirarono molti film hollywoodiani degli anni Trenta. Viene dato ampio spazio al punto di vista del criminale e alla psicologia dei personaggi. Rispetto al giallo classico presenta scene con maggiore azione e violenza, meno parole e meno astuzia.
·         Thriller: lo svolgimento della trama suscita paura ed ansia nel lettore, il quale tende ad immedesimarsi nell’investigatore che rischia la vita. Si assiste anche alla preparazione ed esecuzione del crimine, con crescente tensione. Spiccano figure quali l’avvocato, il medico legale e l’ispettore di polizia scientifica.

Scrittori indimenticabili di romanzi gialli in senso lato sono stati: Arthur Conan Doyle, creatore del mitico personaggio Sherlock Holmes, Wilkie Collins, Agatha Christie, ideatrice di Hercule Poirot e Miss Marple, Georges Simenon con il suo indimenticabile commissario Maigret, Raymond Chandler e Rex Stout, padre di Nero Wolfe . Tra gli autori italiani possiamo citare il primo del genere, Francesco Mastriani, e gli attuali Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli.





(L'immagine è tratta dal sito www.valtrompianews.com)



Francesca Paolillo


mercoledì 11 giugno 2014

Il cancro alla prostata può avere origine da una malattia sessualmente trasmessa?


Il cancro alla prostata, neoplasia maligna che si sviluppa nelle cellule epiteliali di questa piccola ghiandola, è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile al di sopra dei 45 anni di età, contando in Italia ogni anno 11.000 nuovi casi e  6.300 decessi.

Sappiamo che le possibilità di contrarre questa pericolosa e subdola neoplasia traggono origine nella genetica e nello stile di vita dell’individuo. I fattori di rischio principali sono: la presenza della malattia in un consanguineo, una dieta ricca di grassi animali e una scarsa attività fisica. 
Di recente si è scoperto che anche l’infezione del parassita Trichomonas vaginalis, sessualmente trasmissibile, può favorire la crescita di questo tumore, in quanto presente in almeno un quarto dei malati di cancro alla prostata.

Ben 275 milioni di persone nel mondo sono affette da trichomoniasi . I sintomi, spesso sfumati, comprendono: prurito e bruciore nelle parti intime e perdite che nella donna assumono un forte odore di pesce.


Ricercatori dell’Università della California e dell’Università degli studi di Sassari, dopo numerosi studi in laboratorio,   hanno pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas)  le loro conclusioni in merito. Secondo questi esperimenti, l’infiammazione cronica dovuta al Trichomonas vaginalis  può provocare il tumore alla prostata a causa di una proteina emessa dal parassita che  favorisce, oltre all’instaurarsi dello  stato infiammatorio,  anche la proliferazione delle cellule tumorali.  Attenzione dunque ai primi sintomi: sradicare il parassita negli stadi iniziali della malattia è essenziale.