sabato 8 luglio 2017

Un Premio Strega ampiamente meritato: “Le otto montagne” di Paolo Cognetti


Chi è davvero appassionato di lettura sa che i libri che lasciano nel nostro cuore un segno indelebile, anche tra i pluripremiati, sono ben pochi. Le otto montagne ad opera dello scrittore e documentarista milanese Paolo Cognetti non solo commuove, ma invoglia a preparare subito uno zaino per partire alla volta di una cima da scalare, alla ricerca di un luogo in cui sentirsi finalmente in pace con se stessi.

Protagonista del romanzo è Pietro, figlio di una assistente sociale e di un laureato in chimica che dopo essersi conosciuti e innamorati tra le Cime di Lavaredo si sono trasferiti a Milano in cerca di fortuna. Presto la nostalgia per la montagna in cui sono cresciuti e le scarse risorse economiche portano la coppia di genitori a prendere in affitto una casetta dove trascorrere le vacanze estive a Grana, un piccolissimo borgo della Val d’Ayas, ai piedi del Monte Rosa.

Il piccolo Pietro, solitario e un po’ scontroso, durante le vacanze estive impara a poco a poco ad amare la montagna, a riconoscerne gli odori, i rumori, il variare dei colori, dapprima in esplorazioni solitarie e poi con il coetaneo Bruno che a undici anni già deve lasciare la scuola per badare al bestiame. Tra quei monti, tra i giochi infantili nelle case diroccate e lungo il torrente che attraversa il paese, nasce tra i due un’amicizia che durerà tutta la vita, per lo più silenziosa ma davvero profonda e indissolubile.

Presto Pietro viene ammesso dal padre, appassionato di scalate, alle vette più alte e alle ascese ai ghiacciai, una vera sofferenza per lui che oltretutto soffre l’altitudine. Insegnandogli  a sopportare la fatica passo dopo passo il padre gli instilla una forma di educazione alla vita, finché Pietro, dopo avere capito che il suo modo di amare la montagna è diverso da quello del padre, trova il coraggio di rifiutare di accompagnarlo nelle successive ascese, innalzando fra loro un muro di incomprensioni.

Diventando adulto Pietro continua a sentire il richiamo non solo del Monte Rosa ma anche di altre montagne molto più lontane, in un continuo salire e scendere, andare e venire. Dopo che suo padre è morto, l’istinto lo guida a ripercorrere i sentieri da lui battuti negli anni passati e a trovare sulla via indizi disseminati come nella fiaba di Hänsel e Gretel, fino a fargli capire tutto ciò che il genitore a suo tempo aveva cercato di comunicargli, più con l’esempio che con le parole.

In questo romanzo Paolo Cognetti ci mostra, con l’utilizzo sapiente di una scrittura impeccabile, semplice e ben ritmata, una montagna dura e crudele, fatta di pietra e di ghiaccio, che sa farsi amare nonostante la sua brutalità proprio come sa fare una madre severa ma accogliente.





Francesca Paolillo



mercoledì 5 luglio 2017

A proposito di sismicità indotta: “Forte movimento”, romanzo di Jonathan Franzen


L’attività antropica di estrazione o iniezione di liquidi e gas nel sottosuolo può innescare eventi sismici. Sappiamo che i terremoti avvengono quando, lungo fratture della crosta terrestre  denominate faglie, la tensione accumulata da lungo tempo porta la roccia a raggiungere il carico di rottura con un conseguente spostamento improvviso che libera ingente quantità di energia.

L’estrazione o l’iniezione di fluidi nel sottosuolo lungo faglie preesistenti ne altera le condizioni di sforzo e può rendere sismica un’area mai interessata in precedenza da terremoti. Questi eventi indotti negli USA hanno raggiunto persino la magnitudo Richter 6, quindi sono  molto pericolosi soprattutto se si verificano in aree nelle quali le costruzioni non rispondono a criteri antisismici. In Italia a partire dagli anni Sessanta alcune aziende sono state accusate di sismicità indotta, ma gli studi conseguenti non hanno portato a nulla di concreto e tali eventi sono stati alla fine classificati come naturali.

Il romanzo Forte movimento ad opera dello scrittore statunitense Jonathan Franzen racconta gli eventi catastrofici indotti nel 1987 dalla industria chimica Sweeting Aldren Industries di Boston che negli anni Sessanta aveva scavato un pozzo per la ricerca del petrolio, spingendosi oltre i 6 km di profondità. A causa dell’eccesivo costo della gestione di un pozzo così profondo, l’attività estrattiva viene abbandonata ma la cavità continua ad essere utilizzata negli anni successivi come discarica abusiva di rifiuti tossici. L’iniezione di 4 milioni di litri di fluidi all’anno, premendo fortemente sulla roccia circostante, va ad alterarne l’equilibrio e ad un certo punto provoca la famigerata sismicità indotta. Dopo qualche scossa di lieve entità, un grave terremoto distrugge gran parte della città provocando decine di vittime e centinaia di feriti, oltre a fuoriuscite di sostanze tossiche dal sito dell’azienda chimica.

Protagonista del romanzo è il ventitreenne Louis Holland, giovane di buona famiglia che si mantiene da solo lavorando in una stazione radio. Dopo la morte della moglie del nonno materno  durante un terremoto, avvenuta apparentemente per cause naturali, il protagonista della storia incontra casualmente la sismologa trentenne  Renée Seitchek con cui imbastisce una morbosa storia d’amore.
La ragazza indaga sui terremoti indotti e sul passato dell’industria chimica ma quando i suoi studi stanno arrivando ad una svolta si trova ad essere colpita da numerosi colpi di pistola davanti alla porta di casa e le prove da lei raccolte spariscono. Subito dopo il grave terremoto indotto di Boston i dirigenti dell’azienda fuggono dalla città e si rifugiano su un’isola dei Caraibi dalla quale è impossibile l’estradizione verso gli Stati Uniti, restando così impuniti.

Jonathan Franzen in questo giallo ambientalista complesso e articolato critica il modello di vita degli strati più alti della società americana e il cinismo di chi accecato dalla sete di denaro è pronto a sacrificare il bene più prezioso che abbiamo: la nostra terra.




Francesca Paolillo