venerdì 7 settembre 2012

Recensione del romanzo "Il piacere" di Gabriele D'Annunzio


Il protagonista della narrazione è Andrea Sperelli, giovane incisore e poeta, cresciuto senza madre e con un padre libertino che lo lascia ricco e orfano a soli ventuno anni. Privo di una linea morale si dà alle dissolutezze, finché incontra ad una cena della Roma aristocratica e mondana di fine ottocento una bellissima vedova, la duchessa Elena Muti, ed è immediato colpo di fulmine per entrambi. Tra i due nasce una storia d’amore molto passionale, ma dopo qualche mese Elena travolta dai debiti decide di sposare un ricco Lord inglese e scompare.  Andrea Sperelli si dispera per l’amore perduto ma torna presto alla vita libertina a lui congeniale arrivando persino a battersi in  duello contro l’amante offeso di una donna sposata che stava corteggiando. Ferito gravemente durante la contesa, si ritira nella villa sul Mar Adriatico di una sua cugina e qui incontra una donna sposata casta e pura che ha la voce simile ad Elena, il cui nome è Maria. Tornato a Roma rivede Elena che però lo respinge per un altro amante e rivede anche  Maria che decide di sedurre. Andrea Sperelli è al tempo stesso falso e sentimentale, egoista e amorevole e in bilico tra l’amore passionale per Elena, omonima della famosa adultera che causò la guerra di Troia, e l’amore puro di Maria, omonima della madre di Cristo.
Questo è il primo romanzo di Gabriele D’Annunzio, fanciullo prodigio che pubblicò a soli 16 anni la raccolta di poesie “Primo vere”. Il linguaggio è sublime, poetico, musicale e ricercato: “un bacio li prostrava più di un amplesso. Distaccati si guardavano, con gli occhi fluttuanti, in una nebbia torbida. Ed ella diceva, con voce un po’ roca, senza sorridere:- Moriremo.” 
Considerando quanto si è impoverita la lingua italiana negli ultimi decenni, ritengo utile la lettura attenta di questo romanzo che contiene numerosi termini non più di uso comune ma che qualunque italiano di buona cultura dovrebbe saper padroneggiare.     




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