venerdì 6 settembre 2019

Recensione del romanzo “L’amante giapponese”




Normalmente un lettore viene definito “forte” quando legge circa 12 libri all’anno. Io ne leggo almeno 50, ma pochi romanzi sono riusciti a scalfirmi il cuore quanto L’amante giapponese della scrittrice cilena Isabel Allende.

Protagonista di questa delicata storia d’amore è la polacca Alma Belasco che da bambina, per essere salvata dai rastrellamenti ad opera dei nazisti, viene mandata a vivere dagli zii a San Francisco. Inevitabilmente, l’improvvisa e secca frattura con i suoi cari rende Alma molto bisognosa di amare ed essere amata nel corso di tutta la sua esistenza.

Nel nuovo ambiente, così diverso dalla natia Polonia, le sono compagni il cugino Nathaniel e il figlio del giardiniere Ichimei. Con il primo Alma instaura un rapporto di profonda amicizia e complicità, mentre con il secondo intreccia una storia d’amore che si dipana per tutta una vita dalla seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri.

Giunta agli ottant’anni di età, Alma decide autonomamente di trasferirsi nella casa di riposo per anziani Lark house dove si ambienta molto bene e stringe amicizia con l’infermiera Irina, anche lei sopravvissuta ad eventi assai dolorosi.
Le vite delle due donne molto diverse per età e ceto sociale presto si intrecciano e quando Alma comincia a fidarsi di quella che è diventata la sua assistente personale si decide a raccontarle la sua vita, non priva di colpi di scena, riuscendo poi a cambiare in meglio anche quella di Irina.

Questo libro è molto ben scritto e mi ha fatto affezionare ai personaggi, ognuno con le sue debolezze e sofferenze, del resto la vita ci regala solo piccole e sporadiche gioie che dobbiamo tenerci molto strette, si sa. Ricordiamoci che solo l’amore è in grado di dare un vero senso all’esistenza.


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