mercoledì 12 settembre 2018

Recensione del romanzo “La libreria dove tutto è possibile” di Stephanie Butland




I veri amanti della lettura adorano i romanzi ambientati in quelle piccole librerie che ormai, almeno nelle metropoli, stanno a poco a poco scomparendo. Il romanzo La libreria dove tutto è possibile (Lost for words), ad opera della scrittrice e blogger britannica Stephanie Butland, racconta la storia della giovane Loveday Cardew, della sua infanzia  felice stroncata a nove anni dall’assassinio del padre, del successivo affido a due diverse famiglie e della sua solitaria vita da lavoratrice single una volta affrancatasi.

L’incontro a quindici anni nella cittadina di York con il libraio Archie la salva da un iniziale sbandamento adolescenziale e le fa trovare un luogo sicuro dove rifugiarsi, in quanto i libri fin da bambina sono stati per lei un'importante passione e sostegno. Loveday cresce sempre più sola e diventa una donna dura nell’aspetto esteriore, di cui colpiscono soprattutto i tatuaggi e i piercing, chiusa e diffidente,  ma in realtà assai bisognosa di sentirsi compresa e di potersi fidare di qualcuno.

Intorno alla piccola libreria dell’usato in cui lavora Loveday ruotano diversi personaggi, tra cui il bel Nathan, giovane poeta che si mantiene con piccoli spettacoli di magia, capace di aprire con cautela una piccola breccia nel cuore indurito della ragazza. Ad un certo punto nel negozio cominciano ad arrivare misteriosamente pacchi di libri che sembrano essere proprio quelli che si trovavano nella casa paterna di Loveday, essendo stata anche sua madre un'appassionata lettrice.

Per costruirsi un futuro più sereno Loveday si trova a dover affrontare il doloroso passato che aveva cercato di cancellare dalla sua mente per paura di soffrire, ma il suo difficile percorso avrà il merito di portarla almeno verso un lieto fine.



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